‘‘Regali di Natale’’
Mercoledì 24 dicembre, il museo è già vuoto. Tutti i visitatori sono usciti da una buona mezz’ora, ansiosi di tornare alle loro case, dove magari li aspetta il camino acceso e la cena della Vigilia. O magari solo dei surgelati da scaldare. Comunque. Preferirei anche io tornare a casa, nonostante il mio frigo vuoto mi guardi con disapprovazione da almeno due giorni. Invece niente casa, stasera il turno da custode è mio, ho vinto una lunga nottata fra statue e ricostruzioni di dinosauri in plastica. Nemmeno Jerome ha voluto lavorare stasera, del resto la sera della vigilia di Natale nessuno con una famiglia lavorerebbe volentieri. O perlomeno qualcuno con cui passarla, famiglia o no. Comunque a me non dispiace del tutto stare qui, lo pagano come straordinario e di base non devo fare molto se non girare tra quadri e e fossili, per controllare che tutto sia a posto. “O non cambi di posto” come ama ripetere Jim facendosi grosse risate: è diventata la sua battuta preferita da quando nel 2006 ha visto quello stupido film. Comunque, da quando me lo ha detto per la prima volta, mi guardo intorno un po’ di piú nel turno di notte; non che mi aspetti davvero che i quadri muovano gli occhi, però non si sa mai. Butto il mio caffè in un cestino fra la sezione mummie e i grandi schermi spenti: fa un rumore quasi fastidioso nel silenzio della sala. Mi siedo su una sedia di plastica all’angolo, alle 11:00 farò un giro di ricognizione e alle tre un altro. La serata si prospetta lunga e noiosa, sospiro mentre apro il libro che mi sono portato. Il tepore del termosifone mi culla fra le pagine, in breve mi trascina fra parole che si fanno sempre più confuse, si intrecciano e in un attimo stranamente sono fra i ritratti del corridoio A. Non ricordo come ci sono arrivato; guardo l’orologio ma non riesco a scorgere l’ora, improvvisamente sento qualcuno che si schiarisce la voce: sarà di nuovo Jim, che scorda come sempre l’ombrello all’ingresso. Fuori nevica fitto e tornare a casa a piedi senza ombrello non pare allettante. Lo chiamo, ma niente all’orizzonte.
– Cosa guardi caro?- esordisce una voce femminile. Pietrificato mi guardo intorno -chi è?- dico, e la mia voce sembra tremare. -Sono quassú sciocchino, proprio sopra il signor Presidente. -Il Presidente?-.
-In persona giovanotto, dal 1789-. A quanto pare George Washington parla. E non solo lui. Con mio orrore noto che anche la dama vestita di fucsia che è appesa sopra di lui, parla. O meglio ora mi sta osservando un po’ preoccupata.
-Ti senti bene giovanotto?-.
-A me sembra un po’ pallido- ribatte la smunta pastorella del quadro accanto.
-Quasi come te, Clarice- le risponde il grasso gentiluomo appeso di fronte.
-Avrà saltato la cena di nuovo- dicono in coro i due gemellini in basso a destra.
-Ehi, voi due fatevi gli affari vostri!-risponde la madre che li osserva sullo sfondo con disapprovazione, -non sta bene ficcare il naso negli affari altrui, ve l’ho detto mille volte-. -
Detto che cosa? Ma dove sono finito?- riesco appena a formulare, con una voce così flebile che mi stupisco riescano a sentirmi.
-Dove passi ogni giorno da tre anni…- mi apostrofa di nuovo il vecchio.
-Ma certo che lo sa, è solo confuso, suvvia ,non essere così scortese George-.
-Non é un mistero che non abbia una vita- quest’ultima affermazione, che proviene da dietro l’angolo, dalla sezione mummie mi fa imbestialire. I quadri parlano, le mummie anche, e io effettivamente non ho cenato.
-E come mai tutto solo... a Natale?- questa frase, detta con tono accusatorio dalla testa surrealista della teca blu, mi demoralizza proprio.
-Suvvia non fare quella faccia, che cosa potrebbe consolarti?- mi dice la dama fucsia, che evidentemente mi ha preso in simpatia.
-Un regalo? Del resto è la vigilia di Natale- suggerisce la pastorella.
-Un regalo, un regalo- fanno eco i bambini.
–Sì, ma che regalo?- bofonchia disapprovante il presidente-.
-Uno dei miei fermagli per capelli- si entusiasma una delle ballerine della parete di sinistra.
-Non essere sciocca, una scure è quello che ci vuole per un vero uomo!- esclama trionfante un boscaiolo appeso vicino alla porta. -Sicuro di non volere un’aringa?-suggerisce un rubicondo pescatore al fondo della sala. -Ho io il regalo perfetto-. Tutta la sala si zittisce, e si sente un miagolio. Una ragazza sul fondo, si muove veloce, pare spingere qualcosa al di là della cornice. Un gattino tigrato mi corre incontro, subito mi struscia intorno alle gambe. -Caroline, sei sicura?-dicono tutti. -Sì, in fondo mi ha fatto compagnia per più di cento anni, glielo lascio volentieri.-
Un tonfo mi risveglia. Il mio libro è a terra, sulle ginocchia ho un gattino grigio, dorme.
Gennaio. Ho passato un bel Natale, inaspettatamente in compagnia di un nuovo amico. Il quadro del corridoio A è rimasto un po’ più vuoto, ma nessuno pare averlo notato. Tutte le sere che posso torno lí fra i ritratti, per salutarli, come se fossero amici di vecchia data. Nessuno si muove mai, ma potrei giurare diaver visto una volta il burbero George Washington farmi l’occhiolino.
Elena Boggetti, IIIB Liceo Classico
Commenti
Posta un commento