Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/boca-juniors-1712628/ |
Come ormai sappiamo mercoledì 25 Novembre ci ha lasciati il grande campione Diego Armando Maradona. Il calciatore argentino con il numero 10, assai acclamato (soprattutto dai Napoletani) per i suoi incredibili gol, è morto per un’insufficienza cardiaca acuta all’età di 60 anni. A soli 10 anni cullava il suo sogno palleggiando nella polvere di quel quartiere poverissimo. Nella periferia di Buenos Aires il padre “Chitoro” e la madre “Tota” avevano fatto sacrifici immensi per dare ai loro figli una vita dignitosa e affittare una casa di mattoni, che è un lusso per quei miseri abituati a mangiare il fango nelle baracche. Si narra, secondo la leggenda, che il 30 Ottobre 1960 la madre lo mise al mondo emettendo un grido che somigliava a un “gool” e fu il segnale che quella donna portava in grembo il dono divino. Diego prendeva a calci la sofferenza e la fame sin da piccolo con il suo talento. Si divertiva a giocare a calcio in quel sobborgo dove un pezzo di pane era felicità e i sogni l’unica via da seguire per sperare in un futuro migliore. I suoi amici di sempre lo soprannominarono “el pibe de oro” stupiti dal prodigio che faceva sbiadire i contorni tristi della povertà con la bellezza delle sue giocate. Questo era Diego, figlio di quel barrio che non ha mai rinnegato né dimenticato e che si è portato dietro in quel bagaglio ricco di gioie e dolori, virtù e peccati. Sin dai tempi dell’Argentinos Juniors, più volte Diego ha pensato di smettere poiché in quel mondo sterile di sentimenti proprio non riusciva a vedersi. Ma quando il 5 Luglio 1984 ha conosciuto Napoli ed è stato travolto dalla marea azzurra, egli ha capito che in quel luogo così pieno d’amore, poteva finalmente sentirsi a casa. Napoli come Buenos Aires, gli scugnizzi dei vicoli come i suoi buoni vecchi amici del quartiere. Diego ha visto negli occhi di ogni tifoso lo stesso ardore che bruciava in lui quando era un bambino come se una corda invisibile li avesse legati da sempre. Certo Diego non è stato un buon esempio nella vita, ma per quella gente in campo era considerato una divinità che faceva dimenticare i problemi e con le sue magie dipingeva i sogni di un’intera città.
La sua leggenda vivrà per sempre negli occhi di coloro che amano il calcio.
R. F.
III A Scie
Commenti
Posta un commento