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CLASSICO CALENDAR: Il SOGNO: Confine fra illusione e realtà - Penelope e Scipione - PILLOLA 1

 



Confine tra realtà e illusione

Anche il potere può essere colpito dalla magia del sogno


La missione epocale dell’Interpretazione dei Sogni è il “lavoro” oltre il quale “ci accorgiamo che il sogno è la soddisfazione di un desiderio”. Per questo, “l’antica credenza che il sogno ci mostra il futuro, non è completamente priva di un fondamento di verità” se intesa come profezia auto-avverante. Il sogno, in ultima analisi, sarebbe un repertorio valido “per la conoscenza del passato” del sognatore.
Ciò accade a Penelope che di notte, oltre a dipanare la tela, sogna. Di cosa sogni Penelope c’informa lei stessa nel XIX capitolo dell’Odissea, in una psicanalisi ante litteram.
Fino al XIX canto dell’Odissea, l’apparato onirico prevedeva che il Dio suggerisse le proprie ragioni, il proprio logos, al sognatore. Il sogno di Penelope nel XIX canto, invece, è tutta farina del suo sacco. Penelope si dichiara ad uno sconosciuto, un “mendicante”, già identificato come Ulisse dalla nutrice e dal cane ma non dalla moglie. Il discorso della regina, nella sua chiarezza, suona così: “venti oche in casa mi mangiano il grano, uscendo dall’acqua, e io vedendole me ne rallegro. Ma, scendendo da un monte, un’aquila grande, dal becco adunco, spezzò a tutte il collo e le uccise; quelle riverse giacevano insieme dentro la casa; l’altra al cielo sereno volò. E io piangevo e singhiozzavo nel sogno (…) che triste piangevo perché l’aquila mi aveva ucciso le oche. Ma subito, tornando, quella si posava sul tetto sporgente, e con parola umana mi tratteneva e disse: ‘Coraggio, figlia del nobile Icario; non è sogno, ma visione reale che si avvererà: le oche tuoi pretendenti e io ero aquila prima, ma ora come tuo sposo legittimo sono tornato e a tutti i pretendenti darò morte ignobile.’”

Un altro esempio di una soddisfazione di un desiderio legato alla sfera del potere è rappresentato dal sogno che Scipione racconta ai suoi compagni nel “somnium Scipionis” di Cicerone.  Il brano è il racconto di un sogno di Scipione Emiliano (protagonista del trattato ciceroniano), ospitato in Numidia dall'anziano re Masinissa, alleato dell'Africano. Si narra che all’Emiliano, gli era apparso il nonno adottivo Scipione l'Africano: costui gli aveva predetto le sue glorie future e la sua morte prematura, mostrandogli però successivamente una visione delle sfere celesti e spiegando che il premio riservato dagli dèi alle anime degli uomini politici virtuosi sarebbe stato l'immortalità dell'anima e una dimora eterna nella Via Lattea. Affermando l'immortalità dell'anima e l'esistenza di un premio celeste per le buone azioni degli uomini, così come di un aldilà, Cicerone espone, inoltre, rifacendosi a stoici ed aristotelici, la sua visione del cosmo, in cui nella Via Lattea trovano pace le anime che hanno in vita operato per il bene dello Stato.

 

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