Passa ai contenuti principali

CLASSICO CALENDAR - LA SALUTE - 'Ho deciso di essere felice perchè fa bene alla mia salute' - Manzoni La negazione o il desiderio di non sapere - PILLOLA 3

 

La negazione o il desiderio di non sapere

    “Cominciarono prima nel borgo di porta Orientale, poi in ogni quartiere, a farsi frequenti le malattie, le morti con accedenti strani, di spasimi, di palpitazioni, di letargo, di delirio, con quelle insegne funeste di lividi e di bubboni, morti per lo più celeri, violente, repentine, senza alcun indizio antecedente di malattia.”

    La lezione di Manzoni ci ha consentito di vedere meglio come avvenga il processo di negazione di realtà, l’auspicio è che, almeno oggi, si evitino gli errori più grossolani e che, come consigliava Manzoni, si segua “il metodo proposto da tanto tempo, d’osservare, ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare”.  La peste è realtà spaventosa e spaventevole e per negarla bastano ragioni contingenti e banali come “la penuria dell’anno antecedente, le angherie della soldatesca, le afflizioni d’animo” per spiegare l’aumento di mortalità.  Tuttavia, fu proprio quella negazione di realtà a favorire l’ingresso della peste in Milano. Appurato questo, Manzoni studia come la medesima “cecità e fissazione” abbia potuto mantenersi nel popolo, nella politica, nei magistrati e anche in molti medici, quali effetti ciò abbia prodotto. Il primo passo è consistito nella ricerca del portatore della peste (il paziente zero), subito individuato in “un soldato italiano al servizio di Spagna”. Il tribunale della sanità ha immediatamente segregato “in casa di lui la famiglia; i suoi vestiti e il letto in cui era stato allo spedale, furon bruciati”. Morto lui e chi l’aveva assistito ci si illuse, “che il contagio non vi si propagasse di più”.


    Qui giungiamo al secondo passo della negazione di realtà, quello cruciale e decisivo: in città c’erano chiari segnali di peste, il cui riconoscimento avrebbe ancora potuto bloccare l’epidemia, ma “molti medici […] avevan pronti nomi di malattie comuni, per qualificare ogni caso di peste”. Dunque grazie a nomi diversi, si nasconde e si nega la realtà.

    Attraverso la negazione, la persona cancella, per così dire, qualche aspetto che la disturba, che implica insoddisfazione o un conflitto con se stessa o con gli altri. È molto frequente nelle dipendenze o quando esistono profondi problemi di personalità. Il desiderio di non sapere rappresenta anche il desiderio di rendere più tollerabile la realtà e non esporsi a un collasso della vita personale, della famiglia e dei valori e costumi accettati. Tuttavia, la negazione non è efficace: copre, ma non elimina. La conseguenza principale della negazione è l’impossibilità di avviare azioni di cambiamento di fronte a realtà problematiche. Le difficoltà sono lì, anche se non vogliamo vederle. Molto spesso questa resistenza ad accettarle le rende più gravi e sempre meno gestibili. Prima o poi la realtà si impone sui desideri. Accettare una realtà amara o dolorosa non è mai facile. In ogni caso, è sempre necessario un po’ di tempo e vincere alcune paure per riuscirci, bisogna anche fidarsi delle proprie risorse. Se lo facciamo, scopriremo che le situazioni difficili sono una strada verso la crescita.

 

 


 

Commenti

Post popolari in questo blog

“Dica pur chi mal dir vuole. Noi faremo e voi direte”. Canzone delle Cicale

Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/vectors/cricket-insetto-cavalletta-pest-47470/ Le fanciulle:  Donne, siam, come vedete,  giovanette vaghe e liete.  Noi ci andiam dando diletto,  come s’usa il carnasciale:  l’altrui bene hanno in dispetto  gl’invidiosi e le cicale;  poi si sfogon col dir male  le cicale che vedete.  Noi siam pure sventurate!  le cicale in preda ci hanno,  che non canton sol la state,  anzi duron tutto l’anno;  a color che peggio fanno,  sempre dir peggio udirete.   Le cicale:  Quel ch’è la Natura nostra,  donne belle, facciam noi;  ma spesso è la colpa vostra,  quando lo ridite voi;  vuolsi far le cose, e poi ...  saperle tener secrete.  Chi fa presto, può fuggire  il pericol del parlare.  Che vi giova un far morire,  sol per farlo assai stentare?  Se v’offende il cicalare,  fate, mentre che potete.   Le fanciulle:  Or che val nostra bellezza, se si perde per parole?  Viva amore e gentilezza! Muoia invidia e a chi ben duole!  Dica pur chi mal dir vuo

BISOGNA COLTIVARE IL NOSTRO GIARDINO” Candido, Voltaire

Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/zen-giardino-meditazione-monaco-2040340/ Questa citazione un po' enigmatica, è tratta dal libro molto celebre di Voltaire e riguarda un tema che ancora oggi suscita in noi tante domande: le stesse alle quali Candido, il protagonista, si era trovato a rispondere... nel romanzo vengono contrapposte le idee di due personaggi che simboleggiano  l' eterno scontro tra bene e male: Pangloss, il primo personaggio, aveva un'idea completamente ottimistica del mondo e delle persone, la quale è raccontata in chiave satirica dallo scrittore, in quanto al personaggio che professa questa dottrina e a tutti gli altri, capitano atroci disavventure e catastrofi naturali. L'asserto è così astratto e utopico, da non poter combaciare con il mondo reale e il male che vi è insediato. Questo concetto è ripreso dal manicheo (pessimista) Martin che, contrariamente a Pangloss, pensa che il mondo sia dominato interamente dal male, sia fisico

"Per essere felici bisognerebbe vivere" ci consiglia Oscar Wilde

  Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/dublino-oscar-wilde-scultura-2757921/ “Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente si limita ad esistere e nulla più.” Così dice Oscar Wilde in un passo del breve saggio “ L’anima dell’uomo sotto il socialismo ”, in cui condanna il capitalismo del suo tempo, accusandolo di non dare spazio all’uomo per coltivare i propri talenti e di uccidere l’individualità delle persone. Egli aspira a una società ideale, quella socialista, in cui è bandito il dominio sull’uomo e ciò può avvenire solo con l’abolizione della proprietà privata e con un’organizzazione senza autorità. L’uomo deve gestirsi da solo, in autonomia, per poter trovare la propria libertà. Il socialismo ha valore  perché porta all’individualismo e la più intensa manifestazione di questo è l’arte. La società del suo tempo pensava che l’avere fosse più importante dell’essere e gli dispiaceva che essa avesse queste