CLASSICO CALENDAR - LA SALUTE - 'Ho deciso di essere felice perchè fa bene alla mia salute' - La peste di Atene del 430 da Tucidide a Lucrezio - Pillola 1
La peste di
Atene del 430 da Tucidide a Lucrezio
La malattia è un tema su cui
molti scrittori (tra cui anche Boccaccio e Manzoni) hanno discusso nei loro
scritti; anche Lucrezio conclude la sua opera, il “De rerum natura”, con la descrizione
della peste che si abbatté su Atene nel 430 a.C., prendendo spunto dal modello
greco dell’episodio descritto da Tucidide nel libro II della Guerra
del Peloponneso (II, 47-53). La prima
parte di descrizione tratta dell’origine del male e ne elenca i sintomi che vengono
descritti in maniera molto particolareggiata. Lucrezio usa particolari anche
macabri e repellenti e un linguaggio finalizzato a creare pathos, non risultati
nella sobria descrizione di Tucidide, che aveva come unico scopo quello di
raccontare in maniera scientifica il male che si era abbattuto sulla città e
che lui stesso aveva contratto. In tutta
l’opera egli vuole dimostrare che l’essere umano, impotente davanti alla forza
distruttrice della natura (la peste ne è un esempio), niente può usare se non
la sua unica arma "la ragione", non per distruggere ma per capire e
riuscire a combattere. Questo finale assai macabro, in netta contrapposizione
con l’inizio (l’inno a Venere), sembra essere un simbolo del ciclo della vita,
che inizia con la generazione e si conclude con la morte. Alcuni studiosi hanno
anche ipotizzato che il poema manchi di una sezione finale che avrebbe dovuto
riequilibrare i messaggi dell’opera.
La peste diviene dunque una metafora
negativa di cosa sarebbe la società senza gli insegnamenti dell’epicureismo: il
trionfo della religio, a causa della quale l’uomo appare ricattato dalla cupido
vitae e dal timor mortis e diviene vittima di inutili superstizioni,
schiacciate faticosamente da Epicuro, vero eroe del racconto.
Benedetta Cerrato, 2A classico
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