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CLASSICO CALENDAR - Amicus est tamquam alter idem - un amico è, per così dire, un altro se stesso - PILLOLA 5

 

Dante e Virgilio: l’amico come guida


 


“O de li altri poeti onore e lume,

vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore

che m’ha fatto cercar lo tuo volume.

 

Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,

tu se’ solo colui da cu’ io tolsi

lo bello stilo che m’ha fatto onore.

 

Vedi la bestia per cu’ io mi volsi;

aiutami da lei, famoso saggio,

ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi”

I canto dell’Inferno

 

    Virgilio è uno dei protagonisti indiscussi della Divina Commedia, che Dante esalta come maestro e modello ma non solo: la sua figura non si limita alla guida morale e letteraria del poeta fiorentino durante il suo percorso allegorico attraverso Inferno e Purgatorio, ma diventa man mano un vero e proprio amico per Dante, capace di confortarlo, aiutarlo e capirlo.

    Dante pensava che Virgilio (nell’opera allegoria della ragione umana) avesse intravisto le verità del Cristianesimo (attraverso la “profezia del puer” presente nelle Bucoliche) e le avesse espresse nei suoi versi in forma poetica, senza esserne pienamente consapevole: ciò gli conferiva nell’epoca medievale grandissima dignità nonostante il suo essere pagano. Oltre a questo aspetto, Virgilio aveva fama anche di essere un saggio e sapiente filosofo e aveva ispirato molto Dante nella stesura delle sue opere a livello stilistico e contenutistico. Alla base del loro rapporto (come alla base di ogni amicizia che si rispetti) si trova quindi una grande stima e un grande rispetto reciproco.

    Inizialmente Dante si rivolge a Virgilio come un discepolo fa con il suo maestro (quasi sempre Virgilio è appellato come maestro o duca, guida), mentre successivamente i loro dialoghi diventano più intimi: il loro rapporto si fa sempre più stretto, quasi genitoriale, e Virgilio come un padre conduce Dante verso la strada della moralità e della buona vita.

    A partire da un’iniziale formalità e distacco quindi, piano piano le due personalità si conoscono e si scoprono affini.

    Tra un girone dell’Inferno e una cornice del Purgatorio, il padre dell'Eneide illustra a Dante la struttura del cosmo, gli fa comprendere le questioni teologiche più spinose e lo allontana da ciò che lo tiene ancorato alla superficie terrestre e ai valori terreni: ammonisce ed esorta, raccomanda e rimprovera.

    È importante sottolineare come i veri amici non siano coloro che concordano in tutto e per tutto, ma coloro che si sentono liberi di esprimere le loro opinioni (anche se discordi) e discuterne. Un amico non è colui che lascia fare qualsiasi cosa l’altro desideri, ma colui che riesce a indirizzarlo verso il percorso migliore da seguire.

    La figura di Virgilio supera quindi la differenza di epoche e culture, proponendo una visione molto attuale di quello che un fedele e premuroso amico effettivamente è.

    Emblematico per capire il legame fortissimo creato fra i due è il passo della loro commovente separazione. Dante, giunto in cima al monte del Purgatorio, avverte la presenza di Beatrice: con il cuore che batte all'impazzata si volge in direzione della sua guida, per comunicargli le sensazioni estatiche che quasi lo stanno rapendo e magari ricevereun suo consiglio o incoraggiamento, ma Virgilio non c'è più. Le parole di Dante sono così profonde che il lettore sperimenta la medesima tetra e nauseante meraviglia che assale il suo personaggio nel momento in cui apprende che la mano amica è svanita.

    Virgilio lascerà un Dante più maturo e consapevole, più forte e accorto, pronto per elevare sé stesso come nessuno prima di lui.

    L’amicizia insegna e arricchisce, aiuta a capire meglio gli altri e se stessi, ma soprattutto, nonostante la distanza, non lascia mai soli, anche nei momenti più difficili.

 

Letizia Desimone IIA Classico

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