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CLASSICO CALENDAR - Amicus est tamquam alter idem - un amico è, per così dire, un altro se stesso - PILLOLA 2

 

Eurialo e Niso

..CI ACCOMPAGNA

 

purpureus veluti cum flos succisus aratro

languescit moriens lassove papavera collo

demisere caput, pluvia cum forte gravantur

 

Traduzione: “Come un fiore purpureo reciso dallo stelo morendo si indebolisce, come abbassano il capo i papaveri perché stanchi della pioggia che li colpisce.”

 

Per i romani l’amicizia è un sentimento fondamentale, l’uomo non può resistere senza l’appoggio dei suoi amici. Virgilio credeva nell’unione dei sentimenti e pensieri e nella partecipazione reciproca delle gioie e dei dolori; come nell’amore è necessario il rispetto da entrambe le parti.

Nel modello epico omerico la coppia di guerrieri amici costituisce un topos, di cui l’esempio più famoso è sicuramente dato da Achille e Patroclo. In queste coppie i due guerrieri sono diversi per età (uno è più giovane, l’altro più maturo), per temperamento (uno più irruente, l’altro più prudente), per forza (uno è fragile, l’altro vigoroso).

Di fronte agli orrori della guerra, capace non solo di mietere vittime ma anche di spezzare i rapporti umani tra i sopravvissuti, Virgilio nell’Eneide scioglie un inno all’amicizia, la quale assume un valore ancor più pregnante perché proiettata sullo sfondo di uno scenario segnato da violenze, tracotanza e furia omicida.  Quindi per incarnare la dimensione alta dell’amicizia si serve di due figure, Eurialo e Niso, giovani guerrieri profughi di Troia e compagni di Enea. Eurialo, di grande bellezza, è poco più di un fanciullo e guarda a Niso, appartenente a una famiglia illustre, con grande ammirazione e vuole seguirlo anche nelle imprese più rischiose, sebbene l’amico cerchi di dissuaderlo.

L’impresa più importante consiste nell’entrare nell’accampamento nemico, quello dei Rutuli. Approfittando infatti del fatto che i soldati sono addormentati, sopraffatti dai fumi del vino, i due compiono una strage. Riuscirebbero a farla franca se l’ingenuità del giovanissimo Eurialo non rovinasse l’esito della coraggiosa sortita: egli ruba infatti alcuni oggetti appartenenti al nemico, tra cui lo splendido elmo di Messapo, il cui riflesso, alla luce della luna nemica, e il vistoso pennacchio attireranno l’attenzione di Volcente, uno dei condottieri dei Rutuli, il quale, con la sua spada, trafiggerà Eurialo perché appesantito dal bottino di guerra che aveva accumulato: un gesto che Niso gli aveva sconsigliato. Eppure Niso, appena si accorge che Eurialo è in grave pericolo, invece di continuare la fuga che gli avrebbe salvato la vita, torna indietro, cercando disperatamente di sottrarre l’amico al suo tragico destino. Risultato dello scontro sarà la morte di Eurialo e la morte di Volcente. Infine il corpo esanime di Eurialo viene paragonato da Virgilio, in versi che rappresentano uno degli apici del poema, a un fiore purpureo reciso da un aratro o a un papavero che abbassa il capo durante una pioggia battente.

 

Gli amici ci accompagnano nel nostro viaggio alla ricerca della felicità anche se la nostra meta è diversa e non reca loro alcun beneficio.



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