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COME NEL 1978

SECONDA PARTE 


Il coronavirus è democratico: colpisce tutti direttamente e indirettamente. Giovani, adulti ed anziani, uomini e donne finiscono in ospedale o muoiono. I bambini non vanno più a scuola e al parco giochi, molti adulti non vanno più in ufficio, nessuno si reca al bar o a fare shopping. Gli uomini, invece, non sono democratici: le donne non possono decidere per loro stesse. Non possono quasi più abortire. L’aborto prima della pandemia era un’impresa: cercare una struttura con personale non obiettore, trovare posto in tempo, avere tutti i fogli necessari, pregare e sperare che non ci fosse nessun ostacolo che facesse slittare la pratica oltre i limiti consentiti. Magari anche trovare personale umano e non giudicante, critico. Adesso l’impresa è ancor più difficile. Troppi ospedali con reparti congelati e consultori chiusi, doversi spostare chissà dove, visite e appuntamenti incerti, non sapere a chi chiedere, la paura di ammalarsi, magari in ospedale. È un diritto solo su carta, non garantito. È limitato l’accesso ad ambulatori e strutture mediche tranne che per le emergenze e, a quanto pare, l’interruzione volontaria della gravidanza, detta anche IVG, non lo è, nonostante le pressanti scadenze per sottoporvisi.
L’aborto farmacologico è possibile solo entro le sette settimane, per l’OMS è una pratica sicura fino alla nona ed è eseguibile solo in regime ospedaliero o di day hospital. Ergo, è necessario accedere alle strutture, peraltro assai scarse. Eppure non richiede interventi, quindi, in questo periodo, sarebbe la scelta ottimale e sensata, riducendo l’accesso agli ospedali; magari rendendo l’assunzione domestica, seguiti dal medico in via telematica e portando il limite a 9 settimane come in altri Stati. Ma a questo si aggiunge la carenza globale di preservativi: le aziende hanno dovuto interrompere la produzione e il blocco di 14 giorni della K., ditta con sede in Malesia che soddisfa il 20% del mercato mondiale, ha comportato la mancata fabbricazione di quasi 200 milioni di preservativi.  I rifornimenti sono calati del 60% anche per colpa della chiusura delle frontiere, sebbene si registri un aumento della domanda che, però, non potrà essere totalmente accolta. Il profilattico è l’unico contraccettivo che protegge sia dalle malattie che dalle gravidanze indesiderate. Il rischio globale, è l’aumento di malattie a trasmissione sessuale, gravidanze indesiderate e aborti clandestini. Di questo clima incerto e difficile riguardo le pratiche abortive, ne beneficiano le cosiddette associazioni “pro-vita” che, in Italia, hanno istituito petizioni per rendere l’aborto una “pratica medica non necessaria”. 
Il Ministero della Salute si è limitato ad inserire l’IVG nella lista delle pratiche sanitarie non differibili e basta. Una volta in più l’aborto è un diritto solo cartaceo e non reale. L’aborto è differibile, negato. Le istituzioni avrebbero il dovere di pensare e provvedere, anche nell’emergenza, alla salute e al benessere di cittadini e cittadine. Ora più che mai, con un futuro incerto davanti, una donna deve essere libera di scegliere del suo corpo, della sua vita e del suo futuro. Un futuro incerto e spaventoso per tutti: potremmo essere ricoverati o morire, potremmo perdere il lavoro e lo stipendio, se non è già accaduto; potremmo perdere la casa, gli affetti. Eppure, una donna non può scegliere del suo futuro. Un futuro che rende un momento delicato e spaventoso come una gravidanza, ancor più delicato e terrificante. Certo, la donna può sempre partorire in modo anonimo e poi affidare il bambino alla struttura ospedaliera, ma nove mesi di gestazione non sono uno scherzo: hanno un impatto non da poco sulla vita e sul futuro della coppia, della famiglia, della donna. Un futuro in cui è complicato recarsi in ospedale per gli esami di routine, un futuro in cui non si sa se il feto sarà contagiato dal virus, come e se sarà possibile curare madre e neonato; un futuro che naviga a vista e a corto raggio. In una discussione online in cui una donna chiedeva aiuto per abortire, una donna le ha risposto: "Perché non ha usato una protezione?" Le protezioni possono fallire: il preservativo può rompersi o sfilarsi, la spirale o il diaframma spostarsi, la pillola non assorbirsi, il cerotto staccarsi. Una donna può non poter usare contraccettivi. Il partner può manometterli, pratica chiamata stealthing. La donna può essere stata violentata dal partner, da un coinquilino, da un parente, da uno sconosciuto. I contraccettivi possono non essere disponibili per carenza nelle farmacie o troppo costosi da acquistare. Ci sono molti motivi per cui una donna rimane incinta e ci sono molti motivi per cui decide di non portare avanti la gravidanza. Motivi e corpi su cui, a quanto pare, tutti possono decidere, tranne l’interessata.

D.V.
IV B ling.


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