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Come si fa ad essere libere, quando la violenza verbale e fisica nei confronti delle donne rimane impunita? Oggi voglio riportarvi qualche frase del discorso che ha fatto Alexandria Ocasio-Cortez, detta AOC, rappresentante del 14simo distretto di New York nella US House of Representatives, il 23 luglio, alla camera, in risposta al collega, un altro parlamentare, Mr. Yoho che l’ha chiamata “fuc*ing b*tch”. “Sono qui per dimostrare ai miei genitori che non mi hanno cresciuta per tollerare gli abusi degli uomini.” Ha annunciato Alexandria Ocasio-Cortez.
In questa frase mi sono ritrovata molto, perché in un certo senso anch’io scrivo questa rubrica e mi confronto con le persone che conosco per fare vedere ai miei genitori, che hanno cresciuto una figlia combattiva, che spende la maggior parte delle sue energie a ribellarsi agli abusi che vengono perpetrati non solo verso di lei, ma, anche, verso tutte le altre donne e altre categorie discriminate.
“L’uso di un linguaggio disumanizzante non è una cosa nuova, e gli avvenimenti come questi seguono uno schema ricorrente, fanno parte di un sistema di atteggiamenti verso le donne e di disumanizzazione delle donne.” Ha continuato il suo discorso. Il problema, infatti, è il sistema patriarcale che protegge e giustifica gli abusi, non solo quello che fanno i singoli.
“Quello che mi infastidisce davvero è usare il fatto di avere una moglie e delle figlie come uno scudo e una scusante per comportarsi male. [….] Questo comportamento che Mr. Yoho ha avuto verso di me, in realtà non è solo verso di me. Trattare così una qualsiasi donna vuole dire dare l’autorizzazione ad altri uomini a fare la stessa cosa con la propria moglie e figlie. E io sono qui per dire che questo non è accettabile. Non mi importa su quante cose ci troviamo in disaccordo, io non mi comporterò nello stesso modo.”
Sono queste le parole, subito diventate virali, affermate da Alexandria Ocasio-Cortez, in risposta a Ted Yoho, rappresentante repubblicano, che lo scorso 21 luglio si è avvicinato alla collega Ocasio-Cortez sui gradini del Campidoglio, a Washington, definendola: "disgustosa", "pazza". Il giorno dopo si è scusato pubblicamente in aula con la collega, con un banalissimo "ho una moglie e due figlie" e quindi, per questa ragione, ha affermato di avere rispetto per le donne. Non è colpa nostra, ma della cultura. Rimangono impunite le molestie nei confronti delle giovani donne e delle donne: tante che non denunciano per paura di non venire prese in considerazione, per paura che la violenza che hanno dovuto subire venga sminuita; hanno paura di venire umiliate e violate una seconda volta, anche dalla giustizia; finendo per credere che sia colpa loro se vengono maltrattate verbalmente e fisicamente. Sanno che gli epiteti sono all’ordine del giorno, le molestie sugli autobus e i fischi per strada pure. Non è colpa nostra, ma della cultura, se siamo noi donne a pensare di dover cambiare i comportamenti per non suscitare reazioni violente o non gradite. Secondo la nostra cultura non è l’uomo che deve controllarsi, che deve “lavorare” su di sé, che deve rispettarci, ma siamo noi che dobbiamo limitare la nostra libertà di scelta.
Il problema rimane l’impunità. Gli uomini di questo tipo sanno che nessuno prenderà provvedimenti seri. E come ha detto Alexandria Ocasio-Cortes: “Avere una figlia non ti rende un uomo dignitoso, avere una moglie nemmeno. Trattare le persone con dignità e rispetto, questo ti rende un uomo dignitoso. Il problema è che non si tratta di un fatto isolato. È un fatto culturale. Ovvero, è la cultura di mancanza di impunità, di accettazione della violenza e di un linguaggio violento contro le donne e di un’intera struttura di potere che lo sostiene… Puoi avere figlie e assalire le donne senza rimorso, puoi essere un uomo sposato e assalire le donne. Puoi scattare foto e proiettare un’immagine di te come uomo di famiglia e assalire le donne, senza alcun rimorso o senso d’impunità.”
Quante volte si sente dire: devi rispettare la donna perché potrebbe essere tua moglie o tua figlia... Il punto è che io vorrei essere rispettata in quanto persona. Cosa siamo, una sottocategoria dell’umano? Perché si ha la sensazione che il rispetto per il genere femminile non sia un dato di fatto, ma si possa avere solo in termini di una nostra funzione legata all’uomo in quanto figlia, in quanto moglie, in quanto madre?
Vorrei essere considerata una persona, tutto qui. E vorrei che, allo stesso modo, lo fossero le mie nonne, mia mamma, le mie zie, le mie cugine, le mie future figlie e tutte le donne del mondo. Trattare le persone con dignità e rispetto rende un uomo decente. E quando un uomo decente sbaglia, come tutti noi siamo tenuti a fare, fa del suo meglio e si scusa. Non per salvare la faccia, non per guadagnare un voto. Si scusa sinceramente per riparare e riconoscere il danno fatto.
“Ricorda, però, che anche il perdono è un potere. Chiederlo è un potere, e negarlo o concederlo è un potere, forse il più grande.” Margaret Atwood.
D.V.
IV B ling.
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