Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/isola-tropici-mauritius-vacanze-4471208/ |
25 luglio 2020.
La nave mercantile MV Wakashio si è incagliata nella barriera corallina, nella zona sud-orientale dell’isola tropicale di Mauritius, nell’Oceano Indiano. La nave, una grande mercantile di proprietà giapponese, salpata dalle coste cinesi ma diretta verso quelle del Brasile, era stata in principio progettata per trasportare beni primari non confezionati come il carbone, era priva di carico, ma trasportava comunque circa 200 tonnellate di gasolio e 3.800 tonnellate di olio combustibile pesante altamente infiammabile (ed ovviamente, altamente inquinante). L’imbarcazione è rimasta incagliata al largo di qualche metro dall’isola del dodo (il famoso uccello inadatto al volo, estinto da ormai tre secoli e oltre, diventato l’emblema dell’isola come riferimento al commercio e al turismo ecosostenibile) per oltre una settimana prima che apparissero le prime crepe nello scafo. Esattamente dodici giorni dopo l’impatto, le cui cause sono ancora da chiarire, l’olio combustibile ha cominciato a riversarsi nel paradiso indiano, davanti al suddetto villaggio costiero.
15 agosto 2020
Dopo la definitiva rottura dell’imbarcazione e dopo un ulteriore riversamento di 166 tonnellate di combustile nelle acque mauriziane, il governo ha dichiarato l’emergenza nazionale, chiedendo inoltre l’intervento tempestivo di persone competenti e qualificate nell’ambito della salvaguardia dell’ambiente, della costa e della rimozione della sostanza nociva. “Non ci sono mezzi sufficienti per gestire e arginare una situazione di questo tipo” afferma Sudheer Maudhoo, il ministro della pesca dell’arcipelago; i mauriziani da soli sono intervenuti tentando di arginare la catastrofe utilizzando tutti gli strumenti rudimentali e naturali a loro disposizione. Decisivo soprattutto l’aiuto offerto da liberi volontari e da associazioni no profit, che anche se non in grado di aiutare in prima persona ed in modo diretto hanno donato beni di prima necessità, come cibo e acqua, ma anche il materiale necessario per proteggersi dalle particelle nocive derivanti dalle sostanze riversate nell’acqua, ma anche per salvaguardarsi dall’emergenza sanitaria attualmente in corso provocata dal COVID-19. Lo scienziato ambientale Adma Moolna si esprime chiaramente riguardo tale tragedia, citando un “enorme shock velenoso per il sistema”, mostrando la propria disapprovazione sull’accaduto ed il proprio timore sulle immediate conseguenze; esattamente come il consulente ambientale dell’isola Dowarkasing, che si espone affermando: “l’abbiamo già uccisa, ci vorranno almeno cento anni per riportarla a ciò che era”, ma anche Happy Khambule, responsabile della campagna climatica di Greenpeace Africa, rincara la dose: “Migliaia di specie intorno alle lagune incontaminate di Blue Bay, Pointe d’Esny e Mahébourg sono a rischio di annegare in un mare di inquinamento, con terribili conseguenze per l’economia, la sicurezza alimentare e la salute delle Mauritius”. Tuttavia abbiamo anche testimonianze ancora più concrete da persone che il disastro l’hanno vissuto in prima persona: “Sono un mauriziano e vivo nel Regno Unito. Visito la casa di mio padre a Mahébourg una o due volte all’anno. La costa colpita dall’incidente si trova alla fine della strada di casa nostra, e in quelle spiagge facciamo il bagno e organizziamo picnic. È terribile scrivere queste parole a diecimila chilometri di distanza, ma al contempo sono rinfrancato dalla vista degli abitanti del luogo che stanno unendo gli sforzi per rispondere all’emergenza”. Sono infine ovviamente stati presi provvedimenti nei confronti di chi si assume le responsabilità delle conseguenze delle azioni a danno del patrimonio ambientale dell’arcipelago, come il capitano ed il suo secondo, arrestati ed interrogati dalle forze dell’ordine locali nei giorni successivi all’accaduto.
G.P. III C Scu
A.A. II B Class
Commenti
Posta un commento