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Il “nostro” marcio, ce lo siamo tenuto stretto, lo abbiamo coltivato, fatto crescere finché non è diventato “sistema” e ce lo continuiamo a tenere e ne godiamo i frutti, ci è sempre andato bene tutto purché non ci arrecasse pregiudizio. L’evidenza che molte cose siano gestite male non giustifica ai miei occhi la disumanità, l’odio, la guerra. Mi rifiuto. La storia ci insegna che l’odio non ha portato nulla di buono, mai.
Il mondo vada avanti come vuole.
Io mi dissocio.
Non devo essere gay per sostenere i diritti della comunità lgbtq+, non devo essere straniera per difendere i diritti degli stranieri, non devo essere donna per sostenere il femminismo, non devo essere un animale per sostenere i diritti degli animali. Ma sono umana e, come tale, devo sostenere il mio senso di umanità.
Eppure ci sono ancora persone che affermano che è possibile guarire dell'omosessualità, come se essa fosse una malattia. Ci sono ancora persone che vorrebbero aprire dei centri di recupero per "curare" queste persone.
Ci sono ancora persone che non comprendono il significato della parola amore.
Ci sono ancora persone che credono che l'amore sia solo tra uomo e donna.
Ci sono persone che credono che l'amore al di fuori di quello eterosessuale sia sbagliato o
addirittura un abominio.
Ci sono ancora persone che credono che si diventi omosessuali.
Ci sono ancora persone che credono di aver fallito come genitori se hanno figli gay.
Ci sono ancora persone ferme nel Medioevo.
Mi chiedo come si faccia a pensare ancora, dopo anni di studi e ricerche, che l’omosessualità e la disforia di genere siano delle malattie. La malattia da definizione è un’alterazione dell’organismo, fa star male e può portare alla morte se non curata.
Nel caso dell’omosessualità, o qualsiasi altro orientamento, o della disforia di genere, cos’è che fa star male fisicamente o psicologicamente una persona?
Ve lo dico io: la società. È la società ad essere la malattia per queste persone. È la non accettazione, la mancanza di rispetto per l’unicità di tale individuo.È la società che porta alla morte: attraverso il suicidio.
Quindi qual è la vera malattia che infetta, distrugge, uccide? Un orientamento come un altro o la società che non è in grado di accettare e rispettare l’unicità delle persone?
Io non accetto che la società scelga l’identità di una persona. Perché la società non sa di che colore è fatta la scelta di abbandonare la propria terra per poter essere se stessi. Cominciare a spuntare la lista di tutte le cose rimandate, che si faranno piano piano nei tempi sbagliati. Come i primi appuntamenti a venticinque anni, quando gli altri già si sposano.Non conosce la sensazione di non avere i mezzi per invaghirsi come fanno tutti. Non sa com’è stare in un bar, sorridere a qualcuno in fondo e non potergli lasciare il numero di telefono, perché chissà se corrisponde o ti prende per folle e malato. Non sa com’è rinunciare alla spontaneità del caso, ma dover costringere i propri desideri in un locale a tema o in una chat in cui nessuno ti rivela il proprio nome per paura. Non sa com’è sentirsi privati fin dal principio della libertà d’unione e non diventare mai adulti per davvero. Non poter rincorrere gli istinti della tradizione umana e biologica, ma ascoltare dei politici e delle masse che ti urlano che non avrai mai diritto alla felicità in due, che le tue emozioni sono solo frutto di una deformazione.
La società non sa molte cose. Non sa quasi niente. Ma tutti i giorni si aggrappa al sacrosanto privilegio di dire la sua e spezza il cuore a tutte quelle persone che hanno un orientamento o un’identità che non corrisponde a ciò che la società considera normale. Un omosessuale non ha bisogno di incontrare un omofobo viso a viso, quest’ultimo, incurante, gli distrugge la vita ogni giorno: con i suoi privilegi, la società gli dà il diritto di aggredire verbalmente e fisicamente chi non rispetta i canoni dell’uomo bianco etero cis. Incurante: che se tutti smettessimo di esserlo, nei confronti di chi ci vive intorno, non ci resterebbe che la pace.
L'amore non è fra uomo e donna, ma fra cuore e cuore.
Io mi chiedo cosa ci sia di divertente nel trasformare una cosa tanto banale come la sessualità in un insulto, come se fosse necessario usare termini offensivi per indicare un omosessuale, un transessuale, un bisessuale, ma la cosa che fa, forse, più male è l’omertà di chi sente e non fa nulla, perché certo gli insulti vengono urlati, ma non si può con lo stesso tono, non si riesce con la stessa forza, a strillare l’amore. Questa è la più grande vergogna del genere umano.
D.V.
IV B ling.
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