Passa ai contenuti principali

Il libraio

Immagine tratta dall'archivio personale della scrivente. 



 "Leggeva libri e scopriva storie sconosciute, leggeva le persone e scopriva personalità nascoste"  - D. Novac

Seduto sul mio sgabello di legno, sfoglio le pagine di un vecchio libro, ma intanto con la mente sono altrove. Come ogni sera sono qua, sul lungomare di questa località balneare, fra i volumi che ingombrano la mia bancarella, vecchi e nuovi, rilegati ed economici, classici famosi ed edizioni critiche sconosciute ai più. Sono molti, lo ammetto, acquisti spesso fatti per il desiderio di leggerli io stesso, più che per la convinzione che possano incontrare l'interesse degli acquirenti. Ogni tanto qualcuno passa, mi dà un'occhiata quasi furtiva, stupito nel vedere che sto leggendo intento, al contrario dei proprietari dei banchetti accanto al mio, che si affannano nell'attirare l'attenzione dei passanti. Io non sono così, io osservo. Mi piace guardare di sottecchi chi si avvicina, per capire un po' di lui in base a cosa cattura la sua attenzione. C'è il lettore inesperto, quello occasionale,  che cerca la novità del momento o qualche caso editoriale da milioni di copie vendute; noto subito il suo smarrimento mentre cerca un titolo preciso, per poi chiedermelo con voce incerta, quasi con tono di scuse, come se sapesse che quasi sicuramente non lo finirà di leggere e si sentisse già in colpa. C'è poi il suo opposto, una sorta di Mr.Hyde di quello spaurito Dottor Jekyll,  il lettore esperto, che osserva i libri esposti senza nemmeno degnarmi di un'occhiata. Scorre con sguardo rapace i titoli, per poi mutare la sua espressione con sufficienza, nel notare che possiede già tutti i libri che ha di fronte a sè: non compra quasi mai nulla, se non nelle rare volte in cui scova qualche libro particolare o ignoto, che mi porge con sguardo compiaciuto, come se dovessi stupirmi della sua cultura. Ci sono le signore anziane, come quella che ho di fronte in questo momento, avvolta da uno scialle traforato e un forte profumo di rose: tiene per mano un bambino, e mentre lei osserva attenta i manuali di cucina, quello si svincola dalla sua stretta, per sfogliare i libri da colorare dall'altro lato. Vicino a quelli ci sono i fumetti, impilati in una torre traballante, a cui si accostano spesso dei giovani adulti che visti da fuori non sembrano molto diversi da quei bambini che osservano imbambolati le pagine piene di disegni da colorare. C'è poi una piccola sezione di libri che amo particolarmente, fra le guide turistiche e i gialli: i libri di poesia. Quando ero solo un ragazzo li collezionavo, leggevo avidamente qualsiasi poeta mi capitasse sotto mano, da Leopardi a Prèvert, divoravo pagine e pagine di qualsiasi autore, che fosse Catullo o Krasiński, per poi cimentarmi io stesso nello scrivere versi. Non ero molto bravo, anzi per quanto mi sforzassi di scrivere qualcosa di nuovo e indelebile, tutte le parole che mi venivano erano banali, pallide copie di ciò che avevo letto da altri. Ogni tanto scrivo ancora, ma quasi nessuna poesia. Mi diverto a tradurre brani dell'Iliade o di Livio, retaggio forse dei miei studi classici, a cui appongo note e commenti, come un vero filologo; mi piace scrivere flussi di coscienza alla Joyce o elucubrazioni come Proust, ho anche iniziato un romanzo d'avventura, che però è rimasto accantonato dopo nemmeno venti pagine; suppongo che la vita da libraio non offra spunti particolarmente mozzafiato. 

Sono quasi le undici e mezza, fra poco inizierò a ritirare tutto nel retro del mio furgoncino, ma prima voglio leggere ancora una pagina, magari due: il libro che sto leggendo, o meglio rileggendo, l'ho comprato anni fa, da un rigattiere a Portobello che lo vendeva a poco più di due sterline. Sembra un libro insignificante, con la copertina color crema parecchio sdrucita e una rilegatura discutibile, ma dalla prima volta che l'ho letto ha lasciato per sempre un segno dentro di me. Più leggevo e più mi dicevo "Ecco, questo è il libro che stavo aspettando", tanto che all'ultima pagina ho desiderato ricominciarlo, come per paura di separarmene. 

"Mi scusi, stavo cercando un libro un po' particolare". A parlare è stata una ragazza bionda, che istintivamente associo a quelle dame angelicate descritte da Petrarca e Guinizzelli. Mi sorride e mi fissa, aspettando che io torni nella realtà dalla quale mi ero estraniato. La osservo, ma per la prima volta non riesco ad incasellarla in nessuno dei tipi di clienti a cui sono abituato: la sua personalità, che intravedo così facilmente negli altri, mi sfugge, come un fuoco fatuo che scompare da davanti per ricomparire poco più in là. "Cercavo un libro che cita Salinger in uno dei suoi libri, non so se lo ha mai sentito, si chiama Racconti di un pellegrino russo, per caso ce l'ha?" continua lei. Stupito, mi apro involontariamente in un sorriso, mentre lei ancora mi guarda con aria interrogativa; ancora non sa che l'unica copia di quel libro che possiedo è proprio quel volumetto sdrucito, il libro color crema che tengo fra le mani.

E. B.
II B Class

Commenti

Post popolari in questo blog

“Dica pur chi mal dir vuole. Noi faremo e voi direte”. Canzone delle Cicale

Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/vectors/cricket-insetto-cavalletta-pest-47470/ Le fanciulle:  Donne, siam, come vedete,  giovanette vaghe e liete.  Noi ci andiam dando diletto,  come s’usa il carnasciale:  l’altrui bene hanno in dispetto  gl’invidiosi e le cicale;  poi si sfogon col dir male  le cicale che vedete.  Noi siam pure sventurate!  le cicale in preda ci hanno,  che non canton sol la state,  anzi duron tutto l’anno;  a color che peggio fanno,  sempre dir peggio udirete.   Le cicale:  Quel ch’è la Natura nostra,  donne belle, facciam noi;  ma spesso è la colpa vostra,  quando lo ridite voi;  vuolsi far le cose, e poi ...  saperle tener secrete.  Chi fa presto, può fuggire  il pericol del parlare.  Che vi giova un far morire,  sol per farlo assai stentare?  Se v’offende il cicalare,  fate, mentre che potete.   Le fanciulle:  Or che val nostra bellezza, se si perde per parole?  Viva amore e gentilezza! Muoia invidia e a chi ben duole!  Dica pur chi mal dir vuo

BISOGNA COLTIVARE IL NOSTRO GIARDINO” Candido, Voltaire

Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/zen-giardino-meditazione-monaco-2040340/ Questa citazione un po' enigmatica, è tratta dal libro molto celebre di Voltaire e riguarda un tema che ancora oggi suscita in noi tante domande: le stesse alle quali Candido, il protagonista, si era trovato a rispondere... nel romanzo vengono contrapposte le idee di due personaggi che simboleggiano  l' eterno scontro tra bene e male: Pangloss, il primo personaggio, aveva un'idea completamente ottimistica del mondo e delle persone, la quale è raccontata in chiave satirica dallo scrittore, in quanto al personaggio che professa questa dottrina e a tutti gli altri, capitano atroci disavventure e catastrofi naturali. L'asserto è così astratto e utopico, da non poter combaciare con il mondo reale e il male che vi è insediato. Questo concetto è ripreso dal manicheo (pessimista) Martin che, contrariamente a Pangloss, pensa che il mondo sia dominato interamente dal male, sia fisico

"Per essere felici bisognerebbe vivere" ci consiglia Oscar Wilde

  Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/dublino-oscar-wilde-scultura-2757921/ “Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente si limita ad esistere e nulla più.” Così dice Oscar Wilde in un passo del breve saggio “ L’anima dell’uomo sotto il socialismo ”, in cui condanna il capitalismo del suo tempo, accusandolo di non dare spazio all’uomo per coltivare i propri talenti e di uccidere l’individualità delle persone. Egli aspira a una società ideale, quella socialista, in cui è bandito il dominio sull’uomo e ciò può avvenire solo con l’abolizione della proprietà privata e con un’organizzazione senza autorità. L’uomo deve gestirsi da solo, in autonomia, per poter trovare la propria libertà. Il socialismo ha valore  perché porta all’individualismo e la più intensa manifestazione di questo è l’arte. La società del suo tempo pensava che l’avere fosse più importante dell’essere e gli dispiaceva che essa avesse queste