Immagine tratta dall'archivio personale della scrivente. |
Tonight, tonight the highway's bright
Out of our way, mister, you best keep
'Cause summer's here and the time is right
For racin' in the street
(Bruce Springsteen)
Sierra RS Cosworth, la 4wd. Una grossa berlina a quattro porte, bianca, la Balena la chiamo. A volte quando siamo sulla strada, di notte, qualcuno mi chiede se sono venuto a correre con la macchina di mio nonno. I più giovani ridono, gli altri, quelli che scommettono forte, mi guardano invece sospettosi e abbassano le quote.
Era una gruppo A da gara, dimenticata in fondo ad una officina polverosa dopo un brutto incidente. Nessuno la voleva, troppo vecchia per essere competitiva, troppo recente per i collezionisti, ma io avevo altri progetti. In quel periodo avevo un po’ di soldi e una gran voglia di andarmene. La Cosworth era abbastanza grande per caricare le attrezzature di tutta la mia vita e abbastanza potente per mantenermi con le gare illegali. È una macchina difficile, ma soprattutto cattiva, come una persona che covi un risentimento o un dolore. Non è stato facile raddrizzare le sue lamiere contorte, è stato tutto un gran tirare con uncini e catene di ferro e battere con la mazza e questo l’ha segnata profondamente. Ancora adesso in certe curve ha uno scarto improvviso, come se volesse distruggersi e distruggerti insieme a lei.
Ma forse lavoro troppo di fantasia, sarà che sono in macchina da troppo tempo senza fermarmi, da solo con il ringhio del suo motore, che dopo ore di guida nella notte, mi sembra quasi un brontolio sommesso, umano.
Sono le nove spaccate di una sera calda di luglio quando arrivo nel parcheggio di un centro commerciale appena fuori Fregene. Ci sono già una decina di auto parcheggiate, accese, c’è chi controlla il motore, chi sgasa per farsi vedere dagli altri, chi chiacchiera in giro. Scendo dalla macchina e mi accendo una sigaretta. Fisso il cielo, sta diventando viola. Non parlo, non con loro, le persone parlano troppo - non ho tempo di starle a sentire, di solito. I led del supermercato si illuminano contro il cielo, l’aria è ferma, lentamente anche le chiacchiere si smorzano: sta arrivando qualcuno.
Lui scende dal suo Range Rover nero, tirato a lucido, e si capisce subito che non è dei nostri. Non è come me ma non è nemmeno come gli altri. Ha gli occhiali da sole e si guarda in giro. Sta cercando qualcuno su cui scommettere, su cui puntare tutti quei soldi che vengono dagli affari della mafia di Ostia. Il suo sguardo si ferma su di me, sui miei tatuaggi, sui jeans strappati ma non per moda, sulla maglietta macchiata d’olio - l’ho rabboccato appena prima di partire - e soprattutto sulla mia Balena. I nostri sguardi si incrociano, non vedo i suoi occhi dietro i RayBan ma li sento, sento che mi pesano, mi analizzano, mi fanno domande, cercano risposte.
Quando cambio espressione la mezzaluna che ho tatuata sullo zigomo si piega. Sorrido.
Qualcuno urla, si parte.
Salgo in macchina e nella mia testa la strada del litorale romano scorre, la ripasso ancora una volta, ogni curva, ogni buca, ogni avvallamento.
La Balena è pronta, in una piccola officina qui vicino le ho tolto il filtro dell’aria, montato le gomme slick appena sgorbiate e soprattutto il corto tubo dello scarico diretto, quello che libera la sua voce più cattiva e segna la fiancata con i ritorni di fiamma. Con lei mi sono preparato anche io, come se i pezzi che metto a posto fossero i miei e non i suoi.
Accendo la radio.
Non c’è tempo per pensare, quelli come me non pensano.
Quelli come me non hanno né prima né dopo, hanno solo quattro ruote, la luna, i soldi se capita, la strada sempre.
Metto giù la frizione, inserisco la prima, aspetto un urlo per partire. Quando lo sento, penso che niente sia così semplice.
Il mio motore ringhia e ulula nella notte, sulla strada della costa. Ho una scommessa da vincere e un demone da placare...
E. B.
II B Class.
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