Due anni dopo “Dolory Gloria”, è uscito nelle sale “Madresparalelas”, l’ultimo film di Pedro Almodòvar, dove il maestro del cinema spagnolo riesce a unire privato e Storia, riflettendo sull’esigenza di sapere di chi si è figli, storicamente e biologicamente.
Le madri parallele, accennate nel titolo, sono Janis (Penélope Cruz) e Ana (Milena Smit). Due donne completamente diverse: la prima, vicina ai quarant’anni, si chiama come un’icona del Sessantotto, morta d’overdose troppo giovane, come sua madre; la seconda, Ana, è ancora minorenne, la cui madre, un’attrice ‘tardiva’, si è sempre disinteressata di lei.Janis è rimasta
incinta per caso, invece Ana è stata stuprata da un gruppo di ragazzi. Le loro
storie si intrecciano perché entrambe partoriscono nello stesso giorno: Janis
ha Cecilia, cui viene dato il nome della bisononna, mentre Ana dà alla
luce Anita, ovvero “una piccola Ana”. Entrambe le bambine finisco in
osservazione.
Ad entrambe le
neonate mancano i padri: Cecilia è frutto di una relazione temporanea, mentre Anita,
come detto, di una violenza.
Sembra
paradossale, ma ad innescare tutto il moto tragico che sta alla base del film, del
dubbio che prelude alla scoperta, è proprio un padre, anche se non lo sembra
molto. Si tratta di
Arturo (Israel Elejalde), un antropologo forense, padre di
Cecilia, concepita con Janis. Alcuni mesi dopo la sua nascita torna a Madrid
per conoscere la figlia, ma non la riconosce come tale e insinua il dubbio che
non sia sua.
Tutto il film è
costruito sull’importanza di sapere la verità, anche se porta con sé dolore.
È importante scoprire chi e dove sono i nostri padri, biologici o storici che
siano: è l’unico
mezzo per salvarci…
Lo scoprono Janis
e Ana, in un drammatico confronto sulla reale identità delle loro bimbe. E
quando le fosse del pueblo natio riportano alla luce gli uomini desaparecidos
decenni prima, restituendoli alla brutale verità del regime franchista, è
possibile ristabilire l’equivalenza
della madre e del padre, seppur spesso sotterrato dal fantasma d’onnipotenza
materna, essenziale alla vita. La Storia Spagnola, nel suo capitolo più oscuro,
quello della guerra civile, compare nel film per servire la storia della trama.
Tra il parto
andato male a Janis e il riaffiorare dei resti umani nel piccolo borgo in cui è
cresciuta c’è dunque un’analogia, un rapporto di identità simbolico.
In “Madres paralelas” la grande psicologia di Almodovar sembra
riportare un’altra volta sulla scena un
universo tutto al femminile di donne senza uomini, ma allo stesso tempo sembra
volerci dire nell’ultima scena, in cui gli scheletri dei padri assassinati
sembra tornare in vita, che proprio quegli uomini, se gli concediamo di essere
padri, possono salvarci, toglierci un po’ dalla tirannia dell’affetto morboso
delle madri che decidono, senza chiedere a nessuno, se essere beatitudine o
tormento, aria fresca o prigione.
J. C.
IV B Scientifico
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