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IL FEMMINISMO È PER TUTTI, ANCHE PER GLI UOMINI


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Il fatto che il termine “femminismo” derivi esclusivamente dal latino “femina”, cioè “femmina, donna”, non rappresenta un’automatica esclusione degli uomini da questo movimento da sempre giudicato per quello che non è. Per anni si è discusso nel movimento stesso se gli uomini potessero essere o meno dei femministi, tant’è che negli anni Sessanta si parlò di “separatismo”, un termine che la filosofa Marilyn Frye definisce come “una separazione di vario ordine e modalità dagli uomini e dalle istituzioni, dai rapporti, dai ruoli e dalle attività che sono definiti o dominati dall’uomo e che operino a favore degli uomini e del mantenimento del privilegio maschile – separazione iniziata e sostenuta dalla volontà delle donne”. Se il femminismo nasceva come un movimento per ottenere l’eguaglianza delle donne nella società, come si poteva accettare la presenza di uomini – simbolo, se così possono essere definiti, del patriarcato e del machismo? Fortunatamente poi, con il passare degli anni, questo concetto di separatismo si è sempre più attenuato e sono tanti gli uomini che si stanno avvicinando al femminismo, quali ad esempio il premier canadese Justin Trudeau, il cantante ed artista Harry Styles, gli attori Mark Ruffalo e Chris Hemsworth, e tanti altri nomi noti. Purtroppo, capita troppo spesso che gli uomini – e delle volte anche le donne – abbiano un’idea sbagliata del femminismo. Anzitutto, il femminismo NON è il corrispettivo “femminile” del maschilismo; se quest’ultimo rappresenta la presunta superiorità dell’uomo alla donna, il primo, al contrario, è un movimento nato durante la rivoluzione industriale per raggiungere l'emancipazione e la parità con gli uomini dal punto di vista culturale, sociale e politico. Il femminismo non punta, quindi, a porre la figura della donna come superiore a quella dell’uomo: esso nasce come movimento per la parità con gli uomini, non per la loro sopraffazione; esiste un termine specifico per indicare il pensiero – sbagliato – secondo cui l’uomo dev’essere inferiore alla donna e si chiama “nazi-femminismo”. Questo termine era stato inizialmente coniato dai media americani come dispregiativo per le femministe, ma è poi stato esteso per indicare quell’ala radicale ed estremista del movimento, che è conosciuta per non tollerare le idee altrui e per osannare la superiorità in tutto e per tutto della donna; considerato da molti un termine troppo “forte”, viene spesso sostituito con il termine “biofemminismo”, che però non esprime allo stesso modo il concetto in sé e per sé di questa ala estremista, in quanto vuol dire letteralmente “la concezione della superiorità biologica della donna sull’uomo”. Gli uomini, inoltre, molto spesso tendono a non interessarsi al femminismo anche perché si sentono attaccati da una cultura tossica e machista che vede il femminismo come un vero e proprio attentato alla libertà ed ai diritti degli uomini. Ma proprio perché il femminismo rivendica un concetto di parità ed eguaglianza dev’essere per tutti, anche per gli uomini: la parità e l’eguaglianza rappresentano due diritti sacrosanti per tutti, non solo per gli uomini o solo per le donne.


S. F.

II A Class

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