Green pass, società e contrapposizioni
Immagine tratta da https://pixabay.com/it/illustrations/virus-microscopio-infezione-1812092/
Il green pass, la
certificazione che da tempo viene richiesta per l'accesso a determinati luoghi
e situazioni, rappresenta un ulteriore argomento di scontro e divergenza di
opinioni nella marea di cose che si sono dette sulle misure
restrittivo-permissive legate alla pandemia.
In merito, aspetto lampante è la discussione non sempre corretta che se ne fa: può darsi che questo sia dato da una non piena comprensione di cosa, effettivamente, tale misura rappresenti. Lungi da me far passare l'idea che io abbia la verità assoluta nelle mani; è mia volontà solamente esprimere, come al solito, qualche pensiero a proposito dell'argomento, essendo origine di tanta discordia.
Dunque, da quando è stata presentata, la soluzione del green pass è sempre stata associata alla vaccinazione, in quanto proprio vaccinandosi (ma non solo) si può ottenere. È quindi facile accomunare la certificazione ad una misura medico-sanitaria (il vaccino, l'immunità fisica); tuttavia, è altrettanto semplice scordare come il pass sia invece un provvedimento di mera natura socio-politica. La discussione in merito alla sua esistenza, di conseguenza, dovrebbe tenere conto di questa differenziazione, considerando quindi che il green pass ha effettivamente valenza come "spinta" alle vaccinazioni, e non si tratta di un malvagio ingannatore di popoli. Mi sembra chiaro che l'evidenza sia alla portata di tutti.
Ciò è anche il motivo per cui hanno avuto origine tutte le - apparenti e non - contraddizioni in merito. Perché è possibile sedersi al tavolo di un ristorante solo previo controllo della certificazione, mentre per consumare al bancone non è necessario? Pare una contraddizione, perché il grado di assembramento può benissimo essere maggiore al bancone; ciò succede, quindi, per creare una semplice differenza tra chi possiede il documento (e quindi è immunizzato o negativo al tampone) e chi non lo possiede.
Negli ultimi tempi,
abbiamo potuto osservare fenomeni di protesta contro il pass, come è accaduto
sostanzialmente per tutte le misure attuate in questo lungo periodo.
Le manifestazioni
avevano l'obiettivo, naturalmente, di screditare l'utilità del green pass,
tentando di far passare l'idea che fosse un provvedimento liberticida e dannoso
alla vita sociale e personale, sovente travisando lo stesso significato del
documento e non comprendendone appieno le caratteristiche.
Non vorrei essere
brutale, ma credo debba dire che considero tale tipo di lamentela
sufficientemente insensata e non utile, se non a creare più confusione di
quella che già sussiste. Un eventuale allentamento delle restrizioni può
derivare esclusivamente dal raggiungimento di un'immunità diffusa,
presupponendo che la maggior parte delle persone voglia quantomeno vivere.
Forse, partecipare a situazioni simili può essere incentivato dalla volontà di sentirsi parte di una comunità che condivide ideali, e simili pensieri: necessità di un senso di appartenenza, in pratica, che si va sempre cercando (altro fattore di cui si potrebbe ampiamente discutere).
Anche a causa di
prese di posizione nette - sovente non curandosi di formulare pensieri critici
nei confronti di ciò che si va a sostenere - si formano fazioni, le quali
minano la stessa salute sociale. Mi spiego. È facile propendere a seguire la
massa, ed in particolare la parte di massa che asseconda le nostre tendenze;
così, è semplice che si creino, per l'appunto, "gruppi" separati in
modo deciso, che annullano la possibilità di avere un dialogo, proprio perché
si pensa piuttosto a sostenere la propria parte.
Ciò che possiamo
fare è studiare le situazioni, onde evitare semplificazioni affrettate e
rischiose.
T.P. IVB SCIE
Commenti
Posta un commento