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Cittadinanza: nuove politiche

Cittadinanza: nuove politiche di acquisizione per una maggiore integrazione?

 


 

Vivere e "integrarsi" in un paese significa non solo farne propri gli usi e i costumi, ma anche voler contribuire attivamente al suo progresso.

Significa essere riconosciuti a livello sociale, culturale, giuridico, politico. È in questo scenario che si inserisce la necessità di un diritto di cittadinanza.

Caso iconico e particolarmente attuale, trattato in un articolo de L'Espresso, è quello di Ahmed Abdelrahman.

Giovane studente di ingegneria di origini egiziane, Ahmed è arrivato in Italia a 3 anni (ne ha, attualmente, 24), terzo della sua famiglia, dopo il padre e la madre. Perfettamente integrato nel nostro Paese, del quale però non possiede la cittadinanza. Ostacolo, questo, che gli ha impedito di votare alle elezioni dei giorni scorsi. Situazione particolare, la sua (seppur non isolata): avendo richiesto la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno di età, dopo tre anni ancora attende risposta. Le pratiche non sono concluse e la causa è da ricercarsi nei decreti sicurezza promulgati nel 2018. Anche se oggi modificati, andarono a toccare anche la questione della cittadinanza, prolungando le attese massime per la richiesta a quattro anni (il termine è, ora, di circa un anno).

Ma Ahmed è fiducioso e afferma di aver osservato, proprio in questi ultimi anni, un cambiamento di posizioni, una maggior attenzione nei confronti delle delicate tematiche dell'integrazione.

Riguardo all'acquisizione del diritto di cittadinanza, afferma: "Si tratta di far diventare italiani ragazzi che lo sono già".

Ma cosa si intende per "cittadinanza"? Parola di cui spesso si vagheggia, soprattutto in ambito politico, capace di dare adito a interminabili e non di rado spiacevoli dibattiti. Abituati di frequente a darne per scontato il significato… Se la si acquista alla nascita, perché ciò non è sempre valido? Come ci si "guadagna", effettivamente, la cittadinanza? E quali sono i diritti che porta a chi la possiede?

Facciamo chiarezza, delineandone un identikit un po' più preciso.

Parlare di cittadinanza equivale a riferirsi ad un particolare status, detto "civitatis", condizione giuridica che indica il rapporto tra cittadino e stato e cui corrispondono la pienezza dei diritti politici e civili. Nel caso dell'Italia, le sue basi vengono gettate nel momento stesso in cui il Paese diviene uno Stato unitario; attualmente è regolata dalla legge n. 91, del 5 febbraio 1992.

Garantisce al cittadino vantaggi di natura civile, sociale e, in particolare, politica, permettendo il diritto di voto e di candidatura, per il quale risulta obbligatoria. In Italia, la si acquisisce prioritariamente mediante lo ius sanguinis (diritto di sangue), se si nasce o si viene adottati da cittadini italiani: una sorta di eredità naturale. Altre modalità sono la nascita sul territorio nazionale da genitori ignoti, o privi di alcuna cittadinanza (apolidi); il matrimonio con un cittadino italiano (dopo un periodo di residenza sul suolo italiano di soli due anni, o dopo tre anni di residenza all'estero); la naturalizzazione, per coloro che hanno vissuto in Italia ininterrottamente per dieci anni e rispondono a particolari requisiti.

Le proposte di legge attualmente in corsa alla Camera (fonte di non poche discussioni tra la Destra e la Sinistra) prevedono l'introduzione di due possibili, nonché particolarmente interessanti, nuovi parametri per l'acquisizione della cittadinanza: lo Ius soli e lo Ius culturae. Il primo fa riferimento al "diritto di suolo" e riguarderebbe (contrapponendosi idealmente allo ius sanguinis, il cui principio è ereditario) tutti i nati sul territorio italiano, anche se figli di genitori stranieri (di cui uno risiedente in Italia per almeno cinque anni). Il secondo sarebbe invece rivolto ai minori stranieri che, nati o abitanti in Italia, abbiano per un certo periodo di tempo frequentato le scuole (un ciclo di studi) o percorsi formativi nel Paese.

Personalmente, ritengo siano da tenere in particolare considerazione entrambe le proposte. Il diritto di cittadinanza è inalienabile e garantisce, a coloro che lo possiedono, diritti universali per la piena realizzazione della persona nel Paese in cui vive. La prospettiva di permetterne l'acquisizione attraverso lo studio e la carriera scolastica offre non solo un'ottima opportunità, ma porta ad una riflessione peculiare: l'individuo trova il completo riconoscimento (politico, sociale) da parte della comunità in cui vive (indipendentemente dalle proprie origini), mediante lo studio, la cultura e l'istruzione. Un messaggio importante, di apertura, in un mondo nel quale l'istruzione viene ancora, in svariati contesti e aree geografiche, troppo spesso repressa, o considerata un "lusso".

Il dibattito è ancora aperto…

C. B. 

IVA Scientifico


Immagine tratta da: https://images.app.goo.gl/1sWEUbXNyxX8A26G7



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