Ormai, che si abbia 10, 20, 30, 40 o anche 60 anni, i social rappresentano un punto cardine della nostra quotidianità. Ciò che cambia per ognuno di noi è l’utilizzo che ne facciamo: ad esempio se usiamo le piattaforme digitali per informarci, formarci (attraverso corsi, video, podcast e molte altre risorse), lavorare o solamente per “staccare la spina” nei momenti di pausa e vedere i contenuti di persone che seguiamo. Quanto tempo trascorriamo sui social? Stiamo davvero sprecando il nostro tempo? Il tempo che spendiamo online sta aumentando sempre di più: l’utente medio trascorre sette ore in rete e di queste, due ore e venticinque minuti al giorno sui social network.
Incontri tra amici infestati dal suono costante dei telefoni, persone che ignorano gli altri per guardare il loro cellulare, che si sentono perdute semplicemente perché non hanno copertura o connessione alla rete. Tutto ciò ha un nome, ben preciso: Nomofobia, cioè la “sindrome da disconnessione”, la paura di rimanere disconnessi o di non avere a disposizione il cellulare. Ritengo fondamentale, in questi casi, fare un passo indietro a livello tecnologico per poterne fare due in avanti a livello umano, ritrovando libertà e relazioni sociali off line, molto più appaganti!
In generale, noi adolescenti (ma non solo!) trascorriamo molto tempo sui social e un errore che spesso commettiamo è pensare che tutto questo sia gratuito. Per scaricare una piattaforma non paghiamo necessariamente in denaro se è gratis, eppure ogni volta che trascorriamo del tempo sui social stiamo pagando con la valuta più importante che esista: il nostro tempo!. Dopo tutto non è un caso se utilizziamo l’espressione “spendere il nostro tempo”. Nella società di oggi è questa la moneta di scambio più preziosa e difficile da ottenere.
C’è una frase del documentario The Social Dilemma (disponibile su Netflix) che mi è rimasta ben impressa nella mente: “Se non paghi per il prodotto, allora il prodotto sei tu”. È assurdo pensare che il prodotto siano le persone. Dunque, se sprechiamo o meno il nostro tempo dipende solamente da noi.
Ci sono persone che sui social sono riuscite a trasformare la propria passione in un vero e proprio lavoro, grazie ad uno studio di base, ma soprattutto con tanta pratica ed esperienza. Dal crearsi un piccolo spazio proprio, come un blog, fino a costruirsi una community più grande. Per fare un esempio, cito un caso noto a tutti: Chiara Ferragni. Ha iniziato condividendo la sua quotidianità e la sua passione per la moda, poi nel 2009 ha aperto The blond salad, il blog che le ha dato visibilità e le ha permesso di distinguersi. Dopo solo un anno ha lanciato il suo brand, che in pochissimo tempo ha raggiunto risultati sorprendenti, apparendo sulla celebre rivista Vogue e ottenendo milioni di visualizzazioni sul suo sito.
Ad oggi è una delle più grandi imprenditrici digitali in Italia e nel mondo. Come lei ce ne sono tanti altri. Sacrifici, costanza e perseveranza sono solo alcune delle parole chiave che meglio descrivono questi percorsi. Sono soprattutto persone che hanno combattuto mille stereotipi inerenti al fatto che i lavori nel digitale, solo perché sono online, non possono definirsi veri lavori. È una vita non ancora ordinaria.
Ritornando alla domanda iniziale, penso che se i social si utilizzino per perseguire le proprie passioni o per altre finalità produttive non si possono considerare uno spreco di tempo. Al contrario, potrebbe esserlo quando usiamo il nostro tempo per seguire vite altrui che ci appaiono inarrivabili mentre noi stiamo fermi a guardare, invece di concentrarci sulla nostra vita e sulle nostre passioni. Gli strumenti tecnologici devono essere a nostro servizio e non il contrario!
C. G.
III A Com.
Foto scattata dalla scrivente
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