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“Quarantena”, una parola che ora mi spaventa.

 


Tutto è iniziato senza neanche renderci conto di cosa stava  accadendo. Era fine febbraio quando il sindaco annuncia la  chiusura della scuola per una settimana, e lì onestamente ero un po’ contenta, si pensava fosse soltanto una piccola vacanza.. ma ci sbagliavamo. All’inizio era solo una settimana di chiusura, poi sono diventate due, tre, quattro, fino ad arrivare a giugno.  Abbiamo scoperto l’esistenza di un nuovo virus, che nessuno  conosceva, chiamato Coronavirus. Un virus che ha cambiato la  vita di tutti noi, purtroppo però in negativo. Si comincia tutto da un raffreddore, perché all’inizio si pensava fosse solo una  semplice influenza, poi i numeri delle persone malate e di quelle già decedute iniziava ad aumentare. Chiusero i negozi, le scuole, le aziende, le fabbriche, tutto tranne l’ospedale che nel frattempo non sapeva come gestire i pazienti che ogni giorno arrivavano  perché avevano febbre e/o problemi respiratori. Tutti eravamo a casa, si usciva soltanto per urgenze o per fare la spesa,  esclusivamente con guanti e mascherina. Tutti noi eravamo a  rischio, ma soprattutto le persone malate di tumori o altre  malattie e le persone anziane, come i nostri nonni. Così iniziano le nostre giornate a casa, scopri la noia e inizi ad apprezzare di più la quotidianità, che forse prima era troppo sottovalutata.  

Mia mamma fa l’infermiera e vederla arrivare a casa tutti i giorni da lavoro stanca morta, con la paura di far ammalare me e mio fratello, non è bello. Essendo una cosa nuova per tutti non  sappiamo neanche come comportarci, perché un conto è 

combattere contro qualcosa che vedi e che quindi puoi evitare, un conto è combattere contro qualcosa che non vedi e che quindi non puoi e non sai come evitare.  

Questo si può dire il periodo più difficile per me. Tutto inizia a  dicembre quando a mio nonno diagnosticano un tumore al  sangue, curabile, ma sempre un tumore. Il 15 marzo viene  ricoverato per sospetto Covid. Tutti increduli, nessuno realizza  l’accaduto, nessuno ci crede. Nessuno ci crede perché lui era in casa da più di venti giorni e l’unica volta che era uscito erano  esattamente quindici giorni prima per recarsi in ospedale ed  effettuare la seconda chemio. Febbre, tosse, gusto amaro in  bocca, depressione, non lucidità mentale, dimagrimento rapido e infine problemi respiratori. Così lui rimane ricoverato in  pneumatologia per un mese, arriva il tampone positivo e tutti noi in quarantena per quindici giorni. Lui rimane là, da solo, con la  maschera dell’ossigeno che lui odiava tanto e con tanta voglia di tornare a casa. Passano i giorni e tutto rimane stabile, le cure  sperimentali non fanno nessun tipo di effetto e noi sempre con il fiato sospeso. Fino al 17 aprile, lui inizia a peggiorare e viene  trasferito in rianimazione, così se avesse avuto una crisi  respiratoria avrebbero potuto agire più in fretta. Nel frattempo tu inizi a farti mille domande, a cui purtroppo non avrai mai una  risposta, ti chiedi perché..  

Mia mamma, per fortuna, facendo l’infermiera poteva andarlo a trovare durante i suoi turni, quando riusciva, e questo per lui era tutto. Tutto quello che aveva di bello in quei due mesi, la vedeva e sorrideva, le stringeva la mano.  

Dopo di che, rimane un altro mese in rianimazione, giovedì inizia a peggiorare e domenica 17 maggio ci lascia. Ci lascia perché su 

due polmoni, uno e mezzo era completamente fuori uso. Da qua in avanti, dentro di me rimane il vuoto totale, avevo un bellissimo rapporto con lui, un secondo papà. Sono passate solo due  settimane e adesso sta iniziando la fase della rabbia, la fase delle mille domande e delle zero risposte. Dico rabbia perché la cosa più brutta è non averlo potuto salutare e non aver potuto fare  niente quando nelle poche videochiamate che potevamo fare ci diceva che lo avevamo abbandonato e che voleva venire a casa anche solo un giorno. È vero che quando parlava così non era  cosciente, ma sono frasi che fanno male lo stesso, si percepiva il dolore dai suoi occhi. Ha lasciato a tutti un vuoto immenso, che nessuno riuscirà mai a colmare. Ha lottato fino all’ultimo, la mia roccia!! 

Ho deciso di parlarne perché in giro ancora oggi, vedo persone  che non rispettano le regole, e vedere ciò mi fa rabbia perché chi, per fortuna, non ha provato queste cose orrende sulla propria  pelle, non potrà mai capire e non avrà mai rispetto per le altre  persone.  

Questo periodo passerà alla storia, penso che i nostri figli lo  studieranno a scuola, come noi abbiamo studiato tutte le varie guerre. Non so cosa succederà in futuro, e sinceramente ho  paura, non so cosa aspettarmi. Spero che le cose migliorino e si possa tornare alla nostra quotidianità, anche se sarà difficile  tornare esattamente come prima ma, la speranza è l’ultima a  morire! 


V.C.

3 B SCU 


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