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“Insegnare non è buttare dentro roba: che sia in un computer, in una piattaforma cloud o in una testa di un ragazzo. Insegnare è tirare fuori roba. Insegnare non è mettere insieme ingredienti, un po’ di grammatica qua, un po’ di storia là: insegnare è mescolare. Insegnare non è accendere desktop o schermi di cellulari, ma accendere idee, fare domande, svegliare dubbi, far passare la luce”.
Questa è la riflessione di Enrico Galiano, scrittore e docente italiano innamorato del suo mestiere, a riguardo di una situazione che avvolge il campo della formazione da ormai un anno e mezzo. Una situazione che ha trasformato quella che per molti ragazzi era una casa in un edificio pieno di regole, una situazione che stravolto tutti gli schemi delle lezioni, i modi di informare i ragazzi, di trasmettere loro dei valori e degli obiettivi. “L’ideale sarebbe chiudere le scuole. E’ l’ultimo sforzo” questa è una delle frasi che si sono più ripetute negli ultimi giorni e subito dopo studenti e professori di nuovo a casa davanti ad uno schermo. Didattica a distanza attivata. Distruzione dell’insegnamento attivato. Numerosi gli effetti psicologici che la pandemia ha portato. La vera domanda che tutti si pongono è “si può insegnare anche da casa?”
La maggior parte delle persone confonde l’insegnare con informare. Informare significa portare a conoscenza, mettere al corrente qualcuno su un determinato e specifico argomento. Insegnare è unire la propria esperienza a quella dello studente per potersi migliorare a vicenda, esprimere un desiderio e scriverlo su un foglio bianco per creare la pagina del libro che ti manca per avvicinare il presente all’avvenire, ma soprattutto cercare tramite l’opinione degli insegnanti, che non sono altro che compagni di vita, di costruirsi un proprio pensiero basato su tue opinioni e non su qualcosa solo per sentito dire.
“Lavora mezza giornata, pur percependo uno stipendio intero e sicuro e che fruisce di tre mesi di vacanza all’anno”, “non deve nemmeno fare la fatica di recarsi a lavoro, ma può insegnare comodamente da casa.” Tutti i giorni milioni di persone che lavorano in questo settore si sentono schernite da questi stereotipi e luoghi comuni che dimostrano quanto poca considerazione abbia la scuola o per lo meno la superficialità con la quale si parla di essa. Normalmente un docente deve prepararsi la lezione per il giorno dopo e non per una classe, ma per due, tre, quattro forse anche dieci classi. Un docente deve stare attento a non mostrare atteggiamenti diversi tra una persona e l’altra, deve stare attento a cosa dice, cosa fa, come la fa, come si porge e anche alla persona che è nella sua vita privata. Ma mentre questi sacrifici vengono ripagati dall’amore che gli studenti, quelli con la S maiuscola riescono a dare in presenza, invece la Dad riesce a sminuire un lavoro di H 24 che penetra dentro casa e non ti molla più, con risultati anche mediocri.
Voglio fare l’insegnante o forse diventerò ministro dell’istruzione o magari preside, tanti sono gli scenari ma tutti collegati al benessere della scuola e ho notato come si pensi sempre ad essa come un luogo chiuso dedito all’educazione e finalizzato solo ad ampliare la propria conoscenza con nozioni che, purtroppo, ti dimentichi anche fin troppo spesso. La scuola è invece l’alunno felice di vedere i suoi compagni, di fare dibattiti con loro, di compiere un percorso accompagnato da persone adulte che desiderano il meglio per il suo futuro, di lezioni più serie e lezioni più divertenti che ti fanno crescere anche e soprattutto come persona, tutto questo mondo in alcune scuole si perde con la didattica a distanza. La scuola non è un edificio, ma sono le persone che ci sono dentro e la loro felicità, nel 2021 questo a mio parere bisognerebbe anche capirlo, siamo sempre in tempo anche se effettivamente siamo in ritardo!
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