INCONTRI
Stringo tra le mani una lattina di birra finita, la accartoccio su sé stessa e diventa soltanto un relitto di questa serata, lo vedo affondare fra le risate dei miei compagni di tavolo. Non so nemmeno perché ho accettato di venire, sembrava una buona idea quando Brianna me l’ha proposto stamattina: appunto per me, nessuna sua idea è da seguire mai più. Mi sento annebbiato, questa folla pare divertirsi sul suono di una canzone che andava nel 2008, ma io non sono in vena. Mi guardo intorno, e vedo i divanetti di finta pelle bianca quasi spopolati, tutti sono in pista del resto.
Fra le luci psichedeliche, all’improvviso, un turbinio di capelli platino, quasi bianchi, attira la mia attenzione: appartengono alla ragazza più magra ed esile che abbia mai visto. Mentre balla, da sola, la osservo attentamente: i suoi polsi sono sottili, ricoperti di braccialetti dorati decisamente troppo grandi per lei, le gambe che si muovono a tempo quasi scompaiono nel nero dei jeans. Il suo viso è ciò che mi cattura davvero, ha gli occhi stranamente scuri per la sua carnagione e sorride nonostante stia ballando da sola. Le occhiaie sul suo viso sono inaspettatamente accentuate e quasi stonano con la sua espressione allegra.
La cosa più strana è che in un posto del genere, dove tutti conoscono tutti, o almeno tentano di conoscerli, lei rimane sola, anzi, nessuno pare per nulla accorgersi che ci sia. Intorno a lei, nonostante la pista sia gremita, si crea un vuoto di qualche centimetro, come un sasso lanciato in un laghetto, se qualcuno la urta, si sposta stranamente in fretta, senza nemmeno guardare nella sua direzione: mi chiedo se siano questi i “ragazzi maleducati” che piacciono a Brianna. Vorrei continuare a guardarla, ma non voglio sembrare inquietante, perciò mi rigiro verso gli altri e cerco di inserirmi per l’ennesima volta nella conversazione. Passa una mezz’ora, ogni tanto mi giro e lei è sempre lì che balla, da sola; ma solo quando la vedo dirigersi verso l’uscita che la seguo.
-Ciao, ti ho vista ballare e…-
-Mi hai vista?-
-Sì, intendo non pensare che sia strano, semplicemente ti ho notata in mezzo alla gente-
-Notata?-. Il suo tono si fa sempre più acuto, pare stranita.
Non so quasi cosa risponderle, mi aspettavo una reazione un po’diversa, quantomeno amichevole.
-Non volevo spaventarti, semplicemente ho pensato che avrei voluto conoscerti-
-Non conosco gente da un po’ in realtà…-
-Come mai? Se posso chiedere?-
Lei butta la testa indietro e ride, ha un suono cristallino, di aria tersa, che stride con l’atmosfera pesante e fangosa del retro del locale. –Sono piuttosto invisibile per le persone, di solito-.
-Anche io- mi illumino- infatti il mio gruppo sicuramente non si è nemmeno reso conto che me ne sono andato-.
Mi guarda quasi compassionevole e sorride: -Non credo sia esattamente la stessa cosa, sai. In ogni caso non dovresti essere qui a parlare con me, anzi è meglio che vada-.
-Aspetta, non so nemmeno il tuo nome!- in un impulso che non riconosco quasi come mio, mi protendo in avanti e faccio per afferrarle un polso: non posso lasciarla andare via così, senza nemmeno un nome sui rimuginare i prossimi giorni.
Stupita, la vedo girarsi e piantare i suoi occhi nerissimi nei miei. Le mie dita si chiudono per afferrarla, ma non stringono nulla. In un lampo di capelli quasi bianchi, è sparita; le mie mani urtano una lattina di birra di birra traballante, appoggiata sul muretto vicino. Il tintinnio mi ricorda quello delle ali di un angelo, così come dicono. O forse di tanti braccialetti dorati. In ogni caso, dovrei smetterla di bere.
Elena Boggetti, IIIB Liceo Classico
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