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Le specie animali attualmente a rischio di estinzione sono tantissime e tragicamente gli indici statistici che ne indicano il numero corrente aumenta sempre di più con il passare del tempo. Al contrario di quello che si può pensare non si parla solamente di animali molto conosciuti come il rinoceronte nero, l’orango del Borneo, quello di Sumatra (insieme all’elefante, proveniente dalla stessa regione) o ancora la tartaruga embricata, o la tigre della Sonda, ma anche di specie assai meno conosciute e al di fuori del panorama di interesse globale, come le Inie o i Susu. Tali specie le possiamo definire del tutto fuori dall’attenzione per la salvaguardia da parte dell’essere umano a causa dei loro cugini, molto più conosciuti e considerati migliori per quanto ne riguarda l’aspetto. Si tratta infatti di due delfini di fiume. Trattando di delfini stiamo certamente parlando di cetacei, che passano la maggior parte (o tutta la propria vita) nelle acque acqua dei fiumi. La particolarità di questi delfini è sicuramente il loro caratteristico colore rosa che, unito alle lunghe mascelle, gli dona un’aria giocosa. Il muso dei delfini di fiume sembrerebbe infatti mettere in risalto un grande sorriso divertito. Peccato però che tutta questa felicità che a noi sembra di vedere nei loro volti è del tutto inesistente: lo sbarramento dei fiumi, i prodotti chimici presenti nei corsi d’acqua, i grandi traffici navali e i rifiuti hanno fatto sì che il loro habitat venisse gravemente ed ormai irrimediabilmente danneggiato, e di conseguenza ha fatto anche sì che il numero di esemplari sia diminuito drasticamente. Esistono infatti ben sette specie di delfini di fiume, che vivono proprio nei più grandi ed inquinati fiumi del mondo, queste sono:
“Inia”, o “delfino del Rio delle Amazzoni”: vive appunto nel Rio delle Amazzoni e nell’Orinoco, e viene chiamato anche “Delfino Rosa” o “Boto”. Si tratta del delfino di fiume che vanta più esemplari;
“Baiji”, o “delfino del fiume Yangtze”: conosciuto anche come “Lipote” è purtroppo considerato estinto dal 2006. Prima della sua scomparsa abitava i fiumi cinesi più grandi;
“Susu”, o “delfino del Gange”: com’è intuibile dal nome esso abita il fiume Gange, ma a causa del forte inquinamento di quest’ultimo gli esemplari rimanenti sembrerebbero essere meno di duemila;
“Bhulan”, o “delfino dell’Indo”: prende il nome dal suo amato fiume, che però, a causa delle numerose dighe, si è trasformato in una vera prigione da cui non si può evadere;
“Pontoporia”: è una delle tre specie di delfini di fiume che frequenta le acque costiere. Vive nell’America meridionale;
“Orcella”: ne esistono ormai davvero pochi esemplari, che abitano sia le acque dolci che quelle salate;
“Sotalia”: anche questi delfini sopportano sia l’acqua dolce che quella salata e popolano le aree costiere del centro e sud America.
Tuttavia, per quanto tutti questi esemplari siano riuniti sotto l’unica e generica definizione di “delfini di fiume”, i caratteri di questi non sono comuni in tutte le specie: vi è per esempio il muso molto stretto ed allungato, che però è inesistente nelle Orcelle, che presentano un capo molto simile a quello delle orche. Altra caratteristica in comune è un’escrescenza molto evidente sulla testa. Viene comunemente chiamato melone ed è un organo che funge da bio-sonar, altro elemento in condivisa con i cugini. Il bio-sonar funziona come un normale sensore e permette ai delfini, in zone di scarsa visibilità, di orientarsi e di cacciare al meglio delle loro possibilità. Inoltre si tratta in complesso di animali non eccessivamente grandi: in media infatti raggiungono una lunghezza non superiore ai due metri ed ottanta per centottanta chili. Sono esseri molto intelligenti, come d’altronde lo sono la loro controparte marina, ed in grado di stabilire dei rapporti anche con l’essere umano. Parrebbe infatti che un abitante dell’Amazzonia abbia stabilito un particolare legame con un gruppo molto ristretto di Inie a cui dà affetto e procura il cibo. Purtroppo però, se alcuni uomini hanno veramente a cuore la sopravvivenza, o ancora di più, la naturale armonia della vita tra esseri viventi al di fuori di loro, altri invece non pensano che a loro stessi: è proprio l’uomo infatti la principale causa della loro estinzione. È infine ormai noto da tempo che l’essere umano abbia oltrepassato la sottile linea che sta tra l’usufruire delle risorse che la natura ci offre e lo sfruttare esageratamente quest’ultima. La causa maggiore dell’estinzione dei delfini di fiume è infatti l’inquinamento del loro habitat naturale, a causa proprio dell’uomo. Pensiamo per esempio al fiume Gange, venerato ed amato dai fedeli indù: tralasciando i resti e le ceneri umane che vengono gettate in esso e che sono la causa di molte malattie, anche il forte traffico navale ed i prodotti chimici usati in agricoltura partecipano alla disastrosa rovina di uno dei fiumi più importanti del mondo. Ormai anche molte figure di spicco per l’induismo hanno cominciato a far sentire il proprio disappunto verso la troppa poco cura riservata al sacro fiume.
L.M
IV A Ginn.
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