Oggi parliamo di qualcosa di diverso. In realtà ci sono tanti, tantissimi altri argomenti da trattare in questa rubrica, tutti interessanti ed importanti in egual misura. Questo, però, sarà l’ultimo articolo di quest’anno e per concludere questo percorso insieme – almeno per me, studentessa dell’ultimo anno – avevo pensato a qualcosa di diverso. Un altro modo per salutare, diciamo. Certo, non posso pormi al pari di Shakespeare e definire ciò il mio personale testamento poetico, ma vorrei lasciare per iscritto un mio desiderio.
La bambina, che aveva appena poche ore quando la foto è stata scattata, si chiama Mia ed è nata il 26 febbraio del 2022 nei sotterranei della metropolitana di Kiev, sotto le bombe. Sua mamma, una donna di 23 anni, di cui non è stato reso noto il nome, ha iniziato ad avere le doglie nel rifugio e con l’aiuto di tutti i presenti – medici, ma anche persone comuni – è riuscita a dare alla luce questa piccola creatura. Il mio, il nostro intento non è quello di parlare di geopolitica, né tantomeno di raccontare la storia, di giudicare chi siano i buoni o i cattivi. Questo è un semplice desiderio di pace.
Secondo alcuni media locali, in realtà, a questa bambina sarebbe stato dato il nome di “Mir”, che in ucraino vuol dire “Pace”. Quale nome forse più bello da dare ad una nuova vita nata in mezzo a tanta miseria e distruzione, ricordando la ginestra descritta da Leopardi, flessibile ma robusta, capace di sbocciare in mezzo alla cenere del Vesuvio?
Nella vita, ma forse in special modo soprattutto in questo periodo, tutti desideriamo un po’ di pace, una sana dose di serenità e di leggerezza. Vorremmo tornare a sognare e progettare un futuro migliore del presente che stiamo vivendo. C’è anche chi vorrebbe semplicemente tornare a vivere – in Ucraina, come però in tanti altri paesi del mondo, dove ci sono conflitti altrettanto sanguinosi e terrificanti di cui nessuno parla.
Ci sono tanti altri ancora che nonostante tutto non smettono di sognare e di volere intensamente un mondo migliore. Certo, migliore non vuol dire perfetto, nessun essere umano lo è e lo sarà mai, bisogna essere realisti; ma se non altro un mondo dove la pace, il rispetto, la giustizia, la concordia e l’eguaglianza siano alla base di tutto.
Forse una visione troppo idealistica e positivista, però, se non siamo noi per primi a cambiare punto di vista, come potrà veramente cambiare qualcosa?
Quindi vi lasciamo con questo augurio, questa speranza: non smettete mai di sognare, volere e credere.
Non smettete di far sentire la vostra voce e, soprattutto, di parlare, di parlarne.
Questo è l’augurio di fine anno – o meglio, di fine pubblicazione – che vi lascio.
S. F.
III A Class.
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