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QUEL COMMENTO CHE INFANGA

 

QUEL COMMENTO CHE INFANGA 


https://pixabay.com/it/photos/mano-pentola-ceramica-fango-4213487/


Nell’infinito elenco di titoli di news che ci scorrono ogni giorno sul telefonino l’altro giorno me ne capita uno. Semplicemente, la foto mi aveva incuriosito: “La calciatrice australiana Aivi Luik si fa rasare il capo per raccogliere fondi per la ricerca sul tumore al cervello”. Questo, a bordo campo, al termine della partita (vinta) contro la Nuova Zelanda. Così ho scoperto che la giovane giocatrice aveva promesso il gesto, simbolico, se fosse riuscita a raccogliere trentamila dollari da destinare proprio a tale causa (per l’articolo completo: https://www.repubblica.it/sport/calcio/esteri/2022/04/13/news/aivi_luik_capo_rasato_cancro-345323811/). Il gesto di solidarietà e la campagna di raccolta fondi sono stati dedicati al fratello minore di Aivi, diagnosticato della malattia a 27 anni e, davanti alla squadra commossa, la ragazza ha ringraziato personalmente tutti i donatori “i capelli ricresceranno sempre, chi dona è un eroe”.

    Incappo nella notizia inizialmente su Instagram e scorro un po’ di commenti. Tra una quarantina di cuoricini rossi, gli immancabili infangatori fuori luogo che sostengono che il tutto sia stato fatto alternativamente o per coprire di gloria la squadra, o per gli interessi economici che ci stanno dietro, o perché sono tutti capaci a fare gesti del genere se mossi da un interesse sempre, comunque, irrimediabilmente personale (alludendo alla faccenda del fratello, cui appunto la giocatrice ha dedicato la raccolta). I migliori poi sono quelli che, non riuscendo sul momento a scovare altre motivazioni, o avendo letto le precedenti e dovendo esprimere il loro solidale appoggio, additano come subdole cause tutte insieme quelle menzionate.

Non è nulla di nuovo, ovviamente. Né sarà l’ultima volta; né si riuscirà mai, anche promuovendo la migliore delle campagne “friendly-web” per rendere la rete un posto tanto più amorevole e sicuro per tutti, a estirpare commenti di questo tipo. Se la mentalità degli autori è quella, non è certo una sensibilizzazione, per quanto mirata, sul tema, a spronarli a smettere.

    Tuttavia, detto senza fronzoli, un bel gesto rimane un bel gesto e, in tal caso, a mio parere lo trovo particolarmente ammirevole. Volenti o nolenti, ogni qualvolta un personaggio pubblico, facendo gioco forza della propria immagine e/o del proprio maggiore o minor prestigio, promuove una causa benefica (aiuti umanitari, raccolte fondi di ogni genere, e simili), raggiunge quasi inevitabilmente lo scopo previsto, non di rado superandolo. Al tempo stesso, la grande portata mediatica che solitamente accompagna l’iniziativa contribuisce a rendere non solo partecipe, ma anche più informato e consapevole un vastissimo e molto eterogeneo pubblico. Ebbene, al di là del prestigio personale che la suddetta celebrità avrebbe guadagnato (comunque meritato, forse più che in altre occasioni), lo scopo della campagna (qualunque fosse) non è forse stato raggiunto?

    Finché i mezzi sono leciti e il fine meritevole, a quelli che sostengono che tanto dietro ci siano gli interessi delle multinazionali, o dei trafficanti, o del sistema tal dei tali, o della mafia… Interesserà poi DAVVERO chi “c’è dietro”?! Premerà loro DAVVERO chi ha promosso l’iniziativa, che sia la star di punta o l’ente nazionale o Evaristo, il loro vicino di casa?!

    Forse sì, come potrebbe anche essere tutta pura polemica.

    Un bel gesto rimane sempre un bel gesto.

 

                                                                                                                    C. B., IV A SCIE

 

 

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