brevi pensieri tra confusione cognitiva e percezione
(immagine
tratta da https://www.pexels.com/it-it/foto/foto-di-opera-d-arte-stampa-busto-testa-724994/)
La vita all’interno della società odierna ruota ancora attorno al contenimento della pandemia, che riveste senza dubbio un ruolo centrale nell'esistenza di tutti e, specialmente, nella nostra relazione con la collettività, aspetto nel pieno di un mutamento radicale. Infatti, il modo di interagire con gli altri varia in base alle condizioni esterne, le quali, negli ultimi anni, non hanno favorito la creazione di rapporti interpersonali, ed inoltre hanno predisposto il terreno ad una progressiva chiusura nella propria individualità.
Col passar del tempo, la sensazione che si fa
strada è che questo stato di “rintanamento” stia portando ad un graduale
mutamento della percezione di noi stessi e della realtà che ci circonda: un
cambiamento che riguarda l’attenzione, il pensiero ed il modo di porci nei
confronti del dovere.
Abbiamo a che fare con una “stanchezza sociale” provocata (o quantomeno amplificata) dalla situazione in cui ci siamo trovati, la quale non riguarda più solamente una deresponsabilizzazione per quanto concerne i bisogni della collettività, ma una più profonda condizione di smarrimento inconsapevole, una sorta di impotenza nei confronti degli accadimenti, che rende difficile in maniera incisiva lo svolgersi della maggior parte delle azioni “controintuitive”, come lo studio, la lettura, la concentrazione e tante altre cose tremendamente necessarie - anche se non legate ad un bisogno primario fisiologico.
Ci si lascia “trasportare”, insomma, da una
tendenza a barricarsi - senza rendersene conto - in una comfort zone che
sovrasta molti dei tentativi che vengono messi in atto al fine di tornare ad
essere produttivi, una volta avveduti della circostanza.
Questo processo zombificante incide sulla
consapevolezza che ciascuno di noi ha di sé e del proprio agire, comportando
uno stato di disarmante passività ora più che mai insito nel quotidiano
sviluppo della propria pigrizia intellettuale.
Il fulcro della questione sta nel non
possedere la completa padronanza della propria persona (intesa come res cogitans), quasi l’entità pensante
fosse inibita dall’eccessivo essere “radicati dentro di noi”.
Sono dunque imprescindibili gli stimoli
esterni per riuscire a “risalire in superficie” e sovrastare tale condizione di
confusione cognitiva, per visualizzare meglio gli obiettivi ed essere consci di
sé stessi.
T. P., IVB SCIE
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