Il ridente paesello di Puebla di Guzman, nella provincia di Huelva, in Spagna, è certamente una meta turistica di rilievo: gente ospitale, cucina locale gustosa, infrastrutture all'avanguardia e un più che mai pittoresco laghetto, unico e straordinario esempio di "lago assassino" in Europa. Grazie agli scarichi della vicina miniera le acque sono così acide da contenere in 17.500 metri quadrati, 80000 metri cubi di CO2 pronti a esplodere, magari per uno smottamento, cancellando, con una nube stimata tra i 5 o 6 metri d’altezza, le allegre famigliole che indugiano nei dintorni per il picnic domenicale.
Certo un luogo di interesse per appassionati di ecologia, un soddisfacente esempio di inquinamento chimico, la terza minaccia planetaria secondo il rapporto "making peace with nature" delle Nazioni Unite. La professoressa di scienze dei materiali all'imperial college di Londra, Mary Rayan, afferma che il rischio è più che mai reale: il suo collega Guy Woodward non può essere che d'accordo, puntualizzando che il fenomeno è tanto complesso e diversificato da rendere estremamente difficile ogni tentativo di monitoraggio. Senza contare l'insufficiente conoscenza della stragrande maggioranza delle sostanze chimiche industriali, causa gli ambigui rapporti delle aziende per motivi di proprietà intellettuale. Prevedere inoltre il comportamIento di una data sostanza, in un contesto esterno oggetto di sempre diversi e imprevedibili fattori, è decisamente complicato. Il problema sopraggiunge quando sostanze inizialmente giudicate innocue, disperse nell'ambiente, degradandosi, danno vita a interazioni pericolose, formando nuovi composti potenzialmente nocivi.
Ritrovamenti di scarti della fusione di metalli in Groenlandia hanno testimoniato che inquiniamo il pianeta dall'età del bronzo (chissà se a Micene c'erano già le manifestazioni ambientaliste, complete di slogan scritti su tavolette d'argilla); oggi si attesta che esistano tra le 25mila e 140mila sostanze sintetiche, numero che aumenta esponenzialmente se si contano i prodotti della loro degradazione nell'ambiente. Elenchi e protocolli, ora come ora, non consentono la completa sicurezza e si cerca di aggiornarli e migliorarli tramite l'intelligenza artificiale e il machine learning. Inoltre in molti paesi sono ancora in uso sostanze ampiamente riconosciute come pericolose: si pensi ai metalli pesanti e al piombo, di cui si trova una grande quantità nelle vernici; ai pesticidi altamente tossici (secondo la coalizione Pesticide action network ce ne sono più di trecento che dovrebbero essere eliminati entro il 2030); o ad alcune sostanze appartenenti alla classe delle perfluoroalchimiche, presenti negli antimacchia, venerate dalle massaie di tutto il mondo ma che accumulandosi nei tessuti possono reagire con il sistema endocrino dell'uomo. E infine, come massimo esempio, l'amianto, vecchio amico dei Casalesi, i cui i rischi sono ben noti fin dagli anni Novanta dell'Ottocento e nonostante questo utilizzato in molti stati, tra cui gli Stati uniti, paese che, con fulgente coerenza, ha vietato fino a pochi anni fa l'importazione di molti salumi italiani, giudicandoli potenziali pericoli per la salute.
La soluzione all'inquinamento chimico è certamente la produzione consapevole di sostanze che permettano il riciclaggio dei materiali: ad esempio, molte tinte, come il colore nero nelle confezioni degli alimenti o la tintura metallizzata nelle carte dei cioccolatini, rendono impossibile riciclare l'involucro. Se non cambiano le politiche, però, le industrie non prenderanno l'iniziativa, comprensibilmente, perché non reggerebbero la concorrenza. C'è chi sogna un'economia chimica sostenibile, circolare, dove le sostanze possano essere smaltite senza pericoli o riutilizzate... Forse, considerata la maggior sensibilità nei confronti delle problematiche ambientali, la situazione cambierà. Nel mentre, se vi propongono una gita nei pressi di Puebla di Guzman, declinate gentilmente l'offerta.
Nel caso siano di vostro interesse paesaggi mozzafiato (di nome e di fatto, visto che si tratta dei siti più inquinati d'Europa), consiglio vivamente di dare un'occhiata al servizio "Art of pollution" del fotografo ungherese Milan Radisics, da cui l'immagine sopra riportata.
Fonte
Articolo di Graham Lawton, new scientist, Regno Unito, riportato in lingua italiana dal settimanale "Internazionale" della settimana 11/17 febbraio, pagine 55/59.
E.V.L.,
IIA Liceo Classico
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