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La cattiveria fa parte della natura dell’uomo?

 


1651, Thomas Hobbes pubblica il “Leviatano” (The Matter, Forme and Power of a Commonwealth Ecclesiastical and Civil). In questo libro Hobbes descrive la sua teoria dello Stato – paragonato al biblico Leviatano - basato sulla sicurezza e sulla paura. La parte più rilevante è quella in cui l’autore descrive lo stato di natura, cioè quel momento nella storia dell’uomo precedente alla nascita della società. La considerazione a riguardo è fortemente pessimistica: gli uomini sono “lupi per gli altri uomini” (homo homini lupus), si uccidono l’un l’altro, sono animali randagi lasciati allo sbaraglio. Perciò, con la creazione del contratto sociale, gli uomini cedono i loro diritti a un sovrano che può controllarli per garantire loro sicurezza.
Il pensiero hobbesiano risponde chiaramente alla domanda posta a titolo della mia riflessione, individuando nell’uomo una natura barbara e egoista. Gli esseri umani, senza una figura che li controlli, sono bestie disumane.
Una visione similmente diversa la si trova in Sant'Agostino, il quale ritiene che il male derivi dall’uomo: facilmente influenzabile, dirigibile verso il peccato e spiritualmente debole. Per Agostino il male non esiste ontologicamente (come cosa realmente esistente), ma è assenza di bene e deriva dall'uomo che si allontana dal bene per seguire le passioni del corpo tralasciando i bisogni spirituali. Il male è scelta del bene minore rispetto a quello maggiore – quindi non è natura dell'uomo ma scelta dell'uomo - è allontanamento dalla luce, da Dio. Questo implica una differenza rispetto a Hobbes: l'uomo può vivere in pace con gli altri uomini seguendo nel modo corretto l'insegnamento di Dio, non ha bisogno di un contratto sociale né di un Leviatano, ma della fede. Sono gli uomini che scelgono il male, in quanto, dato che il male non esiste, sono ontologicamente buoni.
1486, Giovanni Pico della Mirandola scrive il “Discorso sulla dignità dell’uomo”: è un testo rivoluzionario, nel quale scrive ciò che nessuno prima di lui aveva mai espresso:
“Tu, che non sei racchiuso entro alcun limite, stabilirai la tua natura in base al tuo arbitrio… Potrai degenerare negli esseri inferiori, ossia negli animali bruti; o potrai, secondo la volontà del tuo animo, essere rigenerato negli esseri superiori, ossia nelle creature divine”.
La teoria del filosofo sconvolge tutto e apre al periodo del Rinascimento, reagendo al terrore originato dalla chiesa cristiana nel Medioevo, e afferma che, in realtà, Dio stesso ci ha donato la capacità di diventare chi vogliamo. È una dichiarazione senza precedenti: potenzialmente possiamo essere il peggiore individuo al mondo o il migliore: it’s up to us.
Come sempre si nota, ogni pensatore ha un suo modo di vedere la realtà e le sue sfaccettature. Ma l’uomo tende naturalmente al male? Voglio citare un esperimento condotto dallo psicologo Stanley Milgram.
1961, tre mesi dopo l'inizio del processo a Gerusalemme contro il criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, lo psicologo statunitense Stanley Milgram condusse un esperimento di psicologia sociale.
L’esperimento consisteva nel scegliere uomini di diverse condizioni sociali ed età e spiegargli che avrebbero preso parte a una ricerca su apprendimento e memoria.
Nella prima parte, lo sperimentatore e un suo complice assegnavano i ruoli di “insegnante” e “allievo” mediante un sorteggio truccato, così che il soggetto faceva sempre l’insegnante e il complice l’allievo.
Poi l'insegnante veniva condotto in una stanza e l’allievo in un’altra. Il primo veniva posizionato davanti ad un pannello di controllo con 30 leve associate a diverse potenze di scosse elettriche: da lieve a quasi mortale. Il secondo veniva posto in una stanza adiacente, fatto sedere su una sedia elettrica e collegato con dei fili alle leve. Ciò che l'insegnante però non sapeva era che le leve scaricavano una scossa solo fino alla terza, da lì in poi l’allievo “attore” avrebbe finto.
Durante l’esperimento l'insegnante doveva porre delle domande e, se l’allievo sbagliava, doveva infliggergli una scossa sempre più forte. Mentre l'insegnante faceva le domande e, l’allievo attore sbagliava di proposito, lo scienziato continuava a dire al soggetto che era importante che lui continuasse, che era essenziale per lo svolgimento della ricerca. Tutto ciò continuava fino alla scossa più forte (330 V), dove l’allievo attore fingeva di svenire. Soltanto al termine dell’esperimento, il ricercatore informava i soggetti che la vittima non aveva subito alcun tipo di scossa.
I risultati dell’esperimento andarono contro le aspettative dello stesso Milgram e suscitarono sconcerto nel mondo scientifico e nella società dell’epoca. Molti dei soggetti arruolati, pur mostrando segni di tensione e disagio, obbedirono al ricercatore senza contraddirlo. Numerosi soggetti somministrarono scariche elettriche crescenti, anche quando l’alunno gridava dal dolore e li implorava di smettere. Queste persone riferirono di essersi limitate a eseguire gli ordini e di non sentirsi responsabili delle proprie azioni.
Inquietante, vero? Fa paura fin dove l’essere umano può spingersi. Siamo davvero "umani" o solo delle bestie facilmente manipolabili? Pico vedeva in noi la possibilità di essere buoni, ma anche di diventare dei mostri: un dualismo della personalità. Quando Hobbes ritiene che l’uomo farebbe qualsiasi cosa per sopravvivere, ha ragione?
1940-42, Dietrich Bonhoeffer scrive l’ “Etica”, una raccolta di riflessioni sulla figura di Dio come Cristo, Dio-uomo e sulla responsabilità, nel pieno del conflitto mondiale che lo vede impegnato nella lotta al nazismo.
«La bontà non è una qualità della vita, ma la vita stessa. Essere buono significa vivere».
Bonhoeffer stravolge totalmente la figura del Cristo redentore, del peccato originale e dell’aldilà. Per il teologo la fede e la religione devono essere nettamente divise, in quanto la prima riavvicina i fedeli a Dio e al suo messaggio di amore fraterno; invece la seconda rappresenta la corruzione della chiesa e l’allontanamento dal vero insegnamento della Bibbia.
Dio è amore, avere fede in Dio vuol dire amare, amare il prossimo, il mondo e la vita. Non si deve promettere giustizia nell'aldilà quando non ce n’è nell’aldiqua.
“Per trovare l’uomo vero bisogna amare l’uomo, amando l’uomo, l’uomo trova Dio.”
Chiaramente, ci pone davanti una realtà molto diversa da quella presentata da Agostino. Soprattutto collocando l’uomo non più come essere che sceglie il male, volontariamente, ma come creatura non peccatrice e innamorata del mondo terreno, dell’altro e dell’esistenza che vive secondo l’amore di un Dio umano, senza sperare nella vita ultraterrena, che si fa carico della responsabilità della scelta del Bene.
Nel 1939, all'alba del conflitto, Bertold Brecht esprimeva il proprio punto di vista sull'argomento, affermando la coscienza e la responsabilità personale come essenza stessa dell'uomo: gli oltre 60 milioni di morti della Seconda guerra mondiale sembrano smentire la sua fiducia nell'umana natura, tuttavia la sua poesia ci giunge, a tanti anni di distanza, come una speranza irrinunciabile.

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
Spiana un bosco e sfracella cento uomini
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido di una tempesta e porta più di un elefante
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.
L’uomo può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.

Bertolt Brecht

N. D.
IV B Ling.

A. D.
III A Com.

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