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LA CRISI DELLA RAPPRESENTANZA, TRA SCUOLA E SOCIETA'

 




 

L'elezione dei rappresentanti: da sempre momento significativo dell'anno, durante il quale, come ben sappiamo, si è invitati a fare delle scelte - possibilmente oculate - per quanto riguarda le persone che dovranno rappresentare, per l'appunto, la comunità scolastica, da quella della classe all'intero istituto.

È naturalmente necessario il singolo voto di ognuno di noi, essendo tutti parte dell'insieme grazie al quale è possibile ottenere un risultato, qualunque esso sia; tuttavia, non è sempre detto che i votanti trovino una pletora di gente a favore della quale crocettare la schedina: in poche parole, si è potuto osservare nel corso degli anni, e specie in quest’ultimo, un significativo calo di candidati, i quali - quasi senza dubbio - rivestono un ruolo di un certo peso nel rapporto duale candidato - elettore. In generale, si potrebbe dire che abbiamo vissuto e stiamo vivendo un momento di scarsa partecipazione alla vita del “collettivo”. La questione non è di mera percezione, ma riguarda significativamente la realtà sociale, all'interno ed all'esterno dell'ambiente scolastico.

Ci si potrebbe porre il problema di quali fatti siano all'origine di tale fenomeno e, come sempre accade, la risposta sarebbe molto complessa. Nonostante ciò, è tendenza comune, in questo caso, ricondurre la totalità delle colpe alla situazione di chiusura totale dovuta al lockdown - e la successiva misura della didattica a distanza (per quanto riguarda l'aspetto scolastico) ed in generale dell'apprendimento e del lavoro da remoto.

Nonostante sia facile rendersi conto del fatto che cercare un unico capro espiatorio non è esattamente la cosa migliore, si deve riconoscere che la pregressa situazione di isolamento abbia di certo influito - e non poco - sulla percezione che abbiamo di noi stessi e sul saper fronteggiare la realtà sociale di cui facciamo parte.

Il sentimento di inizio lockdown, la volontà di poter "riabbracciare", di tornare alla "normalità" non è rimasto immutato nel tempo, evidentemente: con la ripresa delle attività collettivamente impegnative si può notare una parallela "chiusura" in sé stessi, che comprende una preoccupazione esclusivamente individuale, che ha a che fare con i problemi del singolo. In breve, la "stanchezza" provocata dalla particolare situazione ha portato ad una deresponsabilizzazione per quanto riguarda la collettività e, se nessuno più vuole sobbarcarsi pensieri che interessano il bene comune, allora si intuisce come mai sia facile faticare per trovare rappresentanti.

Ci siamo trovati prostrati, dunque, e parallelamente è andata rafforzandosi una percezione individualista all'ennesima potenza, che si manifesta negli atteggiamenti di chi non si cura dei problemi che affliggono l'intero corpo sociale, senza rendersi conto che sono in primis affare suo - o per meglio dire, nostro.

Il sentimento provato dal singolo verso la collettività è quello di un estenuante senso di oppressione e smarrimento, ed in questo momento ci riguarda tutti; tuttavia, senza rendersi conto del fatto che gli affari della collettività ci riguardano in prima persona e richiedono un interessamento dei singoli (perché sono questi ultimi a comporre la collettività), che non ci sarà sempre "qualcun altro" a pensarci, non possiamo aspettarci di essere parte integrante di un tessuto in cui si coopera, ma si tenderà più ad un ritorno alla cara e preistorica assenza di società. 

                                                                                                                                                             T. P., 

                                                                                                                                                     IV B SCIE

Immagine linkata al sito

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