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Londoners

 

                                                Londoners

                                                                           Inverno 2006.

Il freddo di Londra è uguale a quello di Vimercate. L’inverno è inverno dappertutto, a gennaio non puoi fare altro che coprirti bene e sperare di trovare posto in un qualsiasi pub, a Londra come ovunque.

Il Natale è finito da un pezzo, sono sparite le luci e le decorazioni quasi dappertutto - restano solo alcune lucine tristi nei negozietti degli indiani agli angoli delle strade. Il quartiere dove vivo è -per così dire- multiculturale, un modo elegante per raccontare la povertà della  working class di emigranti, proprio come me: faccio il lavapiatti in un tristissimo Olive Garden, uno di quei finti ristoranti italiani il cui unico pregio è darti i grissini gratis mentre aspetti un piatto di pasta insipido. Non è un lavoro particolarmente redditizio ma è il primo  che ho trovato quando sono arrivato qui inseguendo il sogno di ogni adolescente , vivere in una grande città straniera. Per anni ho desiderato di trasferirmi proprio qui, la città multiculturale per eccellenza, il meltin pot in cui pareva possibile fare carriera velocemente e vivere quella vita che si vedeva nei film di Italia 1 che guardavo con i miei genitori la domenica. Arrivato qui, dopo l’emozione dei primi giorni mi sono reso conto che non era molto diverso dalle gite a Milano che facevo di tanto in tanto, con la differenza che qua dovevo pagare un affitto decisamente troppo caro e fare la spesa, per non parlare della lingua, che, ho scoperto in seguito, non padroneggiavo bene come pensavo al liceo: un inglese scolastico che pensavo mi avrebbe portato fino ad Oxford. Mentre ero qui ho conosciuto Emily, una ragazza poco più grande di me, che lavora anche lei qui, ma come cameriera. Nonostante lei sia nata e cresciuta nella grande città la sua vita non é molto diversa dalla mia di adesso, entrambi lavoriamo dal mattino alla sera per pochi soldi e nel tempo libero frequentiamo gli stessi locali dei dintorni. Nonostante questa vita, che non appare particolarmente promettente o entusiasmante, lei non sembra soffrirne: le piace uscire il venerdì sera, dopo il lavoro e qualche mi aggrego, per passare qualche ora spensierata.

Questa é proprio una di quelle sere: ci stiamo dirigendo verso un pub che io non ho mai visto. Stasera non abbiamo lavorato, perciò mentre camminiamo il cielo è ancora quasi chiaro, striato qua e là dalle nuvole grigio scuro che non lo abbandonano mai. Sembra il cielo che guardavo dal balcone qualche anno fa, a casa mia, negli inverni in cui sognavo di essere qui e fare proprio questa vita.

Arriviamo nel pub, ci sediamo e ordiniamo da bere. L’atmosfera è calda, un entusiasmo serpeggia tra la gente, l’aspettativa del weekend che è uguale in tutto il mondo. La sentivo a Vimercate, quando con i miei amici facevo grandi progetti già dal giovedì per organizzare il weekend, quando pensavamo ai passaggi e a come stiparci tutti nelle poche macchine a disposizione. Emily mi guarda, mentre sono perso in questi pensieri –Something wrong?- mi chiede con un’aria apprensiva e gli occhi verdissimi sbarrati. Scuoto la testa e le sorrido. -Okay, then cheers!- sorride contenta sollevando il suo bicchiere. Bevo un sorso e mi scrollo i brutti pensieri di dosso: in fondo sta iniziando il weekend dappertutto.

                                                                                                        E. Boggetti, IIIB Liceo Classico

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