La mutilazione genitale femminile è una pratica che in Liberia affonda le radici nella tradizione sostenuta dalla “Sande”, ovvero un’antica e potente società segreta femminile diffusa in quasi tutto il paese e che governa la maggior parte delle scuole.
In questi istituti, le ragazze vengono avviate all’età adulta istruendole a diventare brave mogli, donne di casa e madri. Molte famiglie si indebitano per mandarci le proprie figlie: le quali imparano ad adempiere ai doveri coniugali senza trarne piacere, infatti, entrare in uno di questi istituti comprende il subire mutilazioni genitali.
Il rito di iniziazione consiste nel taglio della clitoride, che permetterà loro di essere accettate dalle comunità di appartenenza, potersi dichiarare pure e pronte a sposarsi.
Le bambine, concentrandosi sulla “vita di casa”, restano analfabete. Il tasso di analfabetismo femminile, tra le ragazze di 15 e 24 anni, è, infatti, del 56%, contro il 35,3% dei coetanei maschi.
Chi prova a opporsi, combattendo questa usanza, rischia moltissimo.
In Africa altri 4 stati permettono le mutilazioni genitali femminili: Ciad, Sierra Leone, Mali e Somalia.
A tale pratica vengono sottoposte bambine di età tra i 4 e i 15 anni, esponendole a gravi rischi per la loro salute generale, riproduttiva e sessuale e a importanti conseguenze psicologiche: l’infibulazione è una mutilazione genitale che implica l'asportazione della clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale.
I rapporti sessuali, attraverso questa pratica, vengono impossibilitati fino alla defibulazione (cioè alla scucitura della vulva), che in queste culture, viene effettuata direttamente dallo sposo. Le puerpere, le vedove e le donne divorziate sono sottoposte a reinfibulazione con lo scopo di ripristinare la situazione prematrimoniale di purezza.
I rapporti diventano dolorosi e difficoltosi, spesso insorgono cistiti, ritenzione urinaria e infezioni genitali.
Ulteriori danni si hanno al momento del parto: il bambino deve attraversare una massa di tessuto cicatriziale reso poco elastico a causa delle mutilazioni; in quel momento il feto non è più ossigenato dalla placenta e il protrarsi della nascita toglie ossigeno al cervello, rischiando di causare danni neurologici.
Nei paesi in cui è praticata l'infibulazione, inoltre, è frequente la rottura dell'utero durante il parto, con conseguente morte della madre e del bambino.
Le mutilazioni genitali femminili vengono praticate per una serie di motivazioni:
ragioni sessuali: soggiogare o ridurre la sessualità femminile.
ragioni sociologiche: ad esempio, iniziazione delle adolescenti all'età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità
ragioni igieniche ed estetiche: in alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni.
ragioni sanitarie: si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino.
ragioni religiose: molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano).
Tuttavia, la mutilazione genitale femminile non ha benefici medici e viene praticata senza giustificazione: la pratica è riconosciuta a livello internazionale come una violazione dei diritti umani e come estrema forma di discriminazione di genere e riflette il senso profondo di inuguaglianza tra i sessi.
Una violenza silenziosa, che schiaccia i diritti di bambine e giovani donne compromettendo la loro salute fisica e psicologica.
La pratica delle mutilazioni genitali femminili è un fenomeno culturale ancora radicato, che tutt’oggi lascia lesioni profonde nel corpo e nella mente di almeno 200 milioni di ragazze e donne in 30 Paesi diversi. Un fenomeno che danneggia anche bambine e giovani donne migranti che abitano nel nostro territorio.
Oggi è la giornata internazionale per la tolleranza zero verso questa pratica bandita dalle Nazioni Unite, ma ancora praticata in circa 30 Paesi del mondo.
Eliminarla per sempre è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030: una battaglia difficile, ma necessaria..
Scrivere questo articolo mi sta costando uno sforzo immane: sento lo stomaco contrarsi, il cuore battere a una velocità impressionante, una morsa di dolore attanagliarmi la gola.
Essere violati della propria libertà di donna mi fa pensare a quanto io sia stata fortunata a nascere e crescere in una cultura diversa.
Mi terrorizza la ‘tradizione’ che giustifica una violenza fisica e psicologica come questa: siamo donne e ognuna di noi conosce la propria dimensione femminile, sessuale, sociale. E non parlo di tacchi, vestiti e trucco, io mi riferisco a qualcosa di più intimo, profondo, sensoriale. Dovrebbe essere quello il nostro ‘io’ che ci identifica e non la privazione di una parte di noi.
Quella bambina e quella donna che ha dovuto subire un’infibulazione solo perché nata in una cultura che ritiene questa pratica una tradizione, non è diversa da te che stai leggendo o da me, seduta al centro del letto, che scrivo questo articolo.
Ci divide solo un’unica differenza: la libertà.
I corpi delle donne, purtroppo, sono stati e sono ancora, campi di battaglia per persone senza scrupoli.
D.V.
VB ling.
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