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Il riscaldamento globale causato dalle attività antropiche, in particolare l’utilizzo di combustibili fossili, sembra ormai essere diventato una macchina senza freni, un fenomeno pronto a cancellare intere specie: una di queste è senz’altro quella della tartaruga marina, un esemplare tanto affascinante quanto fragile e sensibile ai cambiamenti climatici.
La tartaruga marina (Caretta caretta) è un rettile ovipare diffuso in molti mari e oceani del nostro pianeta, soprattutto nell’Oceano Atlantico, Indiano e Pacifico, ma è possibile trovarla anche nel Mar Mediterraneo, in particolar modo nella sezione orientale: Cipro, Turchia e Grecia sono i luoghi privilegiati a causa delle calde acque dovute alle peculiari correnti marine di queste zone.
Fino ad oggi vi è stato un costante disequilibrio tra esemplari maschi e femmine della specie, seppur non preoccupante, poiché dovuto al complesso meccanismo di determinazione del sesso che caratterizza questo rettile, e il numero di esemplari maschili è sempre stato sufficiente a garantire la sopravvivenza della tartaruga marina. Una loro eccessiva riduzione minerebbe inesorabilmente il processo d’accoppiamento e fecondazione, e questo risulterebbe fatale per la continuità della specie.
Secondo quanto riferito dal NOAA (National Ocanic and Atmosferic administration), il sesso della tartaruga marina è determinato dalla temperatura d’incubazione delle uova: una temperatura della sabbia inferiore, o pari, ai 30 gradi favorirebbe la nascita di tartarughe di sesso femminile, e diversamente di sesso maschile.
La tartaruga marina depone inconsciamente le uova in punti “strategici”, che consentono la nascita di esemplari maschili e femminili in rapporto adeguato, e quindi la salvaguardia della specie. Nonostante ciò la madre non può controllare la temperatura nel periodo prima della schiusa ed è quindi totalmente impotente di fronte ai cambiamenti climatici e ai fenomeni naturali imprevisti, che ormai caratterizzano sempre di più la nostra amata Terra, di generazione in generazione. Secondo uno studio, condotto nel 2019 dall’Università di Exeter, sulle tartarughe di Boa Vista e Capo Verde, vi sono segnali allarmanti: Boa Vista è la località che ospita una delle più numerose popolazioni di questi magnifici animali, e dove si stima che le tartarughe marine vengano a deporre le uova per circa un sesto di tutti gli esemplari esistenti.
Di tutte le uova schiuse durante lo studio ben l’84% ha dato vita a esemplari di sesso femminile. In base a questi numeri i biologi temono che entro il 2100 il 99% delle nuove tartarughe di questa località sarà solamente di sesso femminile, a causa dell’aumento della temperatura media globale.
Di fronte a una tale impotenza il rimedio sembra arrivare da un laboratorio: un gruppo di ricercatori dell’Accademia Cinese delle Scienze (Pechino) e della Macquarie University (Sidney) ha condotto una serie di esperimenti su embrioni di tartarughe di acqua dolce.
Gli scienziati hanno confermato l’esistenza di un gradiente termico all’interno delle uova misurandone con precisione l’ampiezza; successivamente, attraverso l’utilizzo di un farmaco (Capsazepina), hanno bloccato i canali ionici (proteine trans-membrana) che controllano la termoregolazione degli embrioni; infine hanno utilizzato i risultati delle osservazioni per elaborare modelli predittivi sulla capacità di cambiare sesso da parte dell’embrione in risposta alle variazioni di temperatura.
L’efficace utilizzo di questo farmaco potrebbe riuscire a conservare artificialmente l’equilibrio della specie ed evitare l’estinzione di uno degli animali più longevi, belli e caratteristici della Terra.
Gli esperimenti con l’utilizzo di Capsazepina sono ancora in corso e i dati rinvenuti fino ad ora sono positivi ed incoraggianti.
A.F.
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