Siamo veramente unici?
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Fernet-Branca colpì nel segno quando creò questo slogan. Puntando sull’unicità dell’essere umano, il motto citato introduce il tema di questo articolo: esiste “l’essere particolari” oppure è solamente una convinzione sociale?
Malgrado il bisogno di accettazione, perciò la conseguente omologazione alla massa, la società contemporanea verte particolarmente sull’individualità, nella misura in cui essa è funzionale al consumismo. Non si può pensare di alimentare il mercato e la produzione senza un input che stimoli continuamente i compratori a costruire l’ideale dell’essere particolare, se viene comprato, indossato, usato un certo prodotto.
Inoltre, in un mondo popolato da 8 miliardi di persone diventa essenziale credere di essere peculiari per dare un senso a pensieri, azioni e vite. Come si può conciliare l’essere banale con la profonda conoscenza dell’io? Essere fortemente coscienti della propria identità annulla qualsiasi dubbio riguardo a un’ipotetica banalità esistenziale.
Sostenendo questa tesi, fin dall’infanzia viene trasmesso ai bambini il sentimento dell’“essere speciali”. Le storie, le favole e i libri instillano nelle giovani menti questa convinzione; basti leggere il titolo della raccolta di racconti di Ben Brooks “Storie di bambini che hanno il coraggio di essere unici”. Di conseguenza, la crescita viene caratterizzata dalla “illusione” di sentirsi inimitabili come l’amaro Fernet-Branca.
Su questo punto può venire in aiuto alla spiegazione la teoria delle “monadi” formulata da Gottfried Leibniz nel 1714. Il filosofo tedesco sostiene che l’intera realtà (e ciò che la compone) sia formata da monadi (entità dotate di capacità percettive), le quali sarebbero come tante visioni della stessa città, ma ognuna limitata al luogo in cui si trova. Di conseguenza, ogni singolo essere umano crede di essere speciale in per alcune sue caratteristiche intrinseche al suo carattere o aspetto, senza essere al corrente che al mondo potrebbero esistere altre milioni di persone aventi quei tratti ritenuti “speciali”, ma che sono di fatto presenti in ogni persona. Leibniz di fatto specifica che in ogni monade c’è tutta la realtà in sé e per sé, malgrado le monadi non se ne rendano conto.
“Così, benché qualsivoglia monade creata rappresenti tutto l’universo, essa rappresenta più distintamente il corpo che le è assegnato in modo peculiare e di cui costituisce la potenza attiva o l’entelechia (il culmine del suo sviluppo). E come questo corpo esprime tutto l’universo attraverso la connessione di tutta la materia nel pieno, così anche l’anima rappresenta tutto l’universo…”
Ed è in questo meccanismo che entrano in gioco i social media. Malgrado nel mondo ci possano essere persone più intelligenti, particolari o interessanti, ogni essere umano, essendo una monade e avendo quindi una visione limitata della realtà, vive una porzione di mondo ristretta che preserva il suo credo di essere unico. Purtroppo, con l’avvento delle piattaforme digitali, le piccole e limitate vite altrui diventano accessibili, ma non nella loro completezza.
Instagram, Tiktok e Snapchat mostrano una realtà deviata e distorta delle vicissitudini altrui. Potendo avere la possibilità di sbirciare dentro queste realtà, l’idea dell’essere speciali svanisce. Però, non svanisce nella misura in cui ci si rende conto della propria piccolezza nell’immensità del mondo e del fatto che ognuno possiede le stesse caratteristiche, piuttosto svanisce perché vengono proposte delle situazioni idilliache e utopiche che mai potranno essere raggiunte. Venendo bombardati giornalmente con immagini e video di corpi, relazioni e esperienze perfetti, ci si illude che la propria vita sia, per quanto limitata, soprattutto buia, banale e monotona.
Di conseguenza, l’essere unici viene inculcato sin dall’infanzia, senza far riflettere sulla limitatezza temporale e spaziale delle singole vite, poi però tale meccanismo si infrange quando i social creano un ideale inarrivabile di unicità, portando a disturbi e insoddisfazione in qualsiasi utente che entra in contatto con le suddette piattaforme.
Concludendo, cosa si potrebbe trarre da questa riflessione? Ogni singola esistenza è e sarà sempre circoscritta da spazio e tempo, è intrinseco nella sua natura. Ciò che è importante è prendere coscienza di tale circoscrizione, non illudersi, piuttosto riconoscere che ognuno ha tutta la realtà all’interno di sé e non compararsi alle falsificate realtà altrui, sminuendo la propria e dimenticando quanto anche quelle sono circoscritte come la nostra.
Ci tengo a citare un passo della monadologia come stimolo di riflessione finale:
“Qualsivoglia porzione di materia può concepirsi come un giardino pieno di piante e come uno stagno pieno di pesci. Ma qualsivoglia ramo della pianta, qualsivoglia membro dell’animale, qualsivoglia goccia dei suoi umori è a sua volta un tale giardino o un tale stagno.”
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