Per "finanza sostenibile" si intende la finanza che tiene in considerazione fattori di tipo ambientale (Environmental), sociale (Social) e di governo societario (Governance), i cosiddetti fattori ESG, nel processo decisionale di investimento, indirizzando i capitali verso attività e progetti sostenibili a più lungo termine. La finanza sostenibile è dunque l'applicazione del concetto di sviluppo sostenibile all'attività finanziaria. Per finanza si intende la disciplina economica che studia i processi con cui individui, imprese, enti, organizzazioni e stati gestiscono i flussi monetari nel tempo.
Nonostante l’attenzione verso la finanza sostenibile sia sempre più elevata, rimangono ancora alcuni ostacoli da affrontare. In particolare, le maggiori criticità riguardano il rischio di “greenwashing” (la strategia di comunicazione adottata da imprese, organizzazioni o istituzioni politiche che comunicano un impegno e un attaccamento alle politiche ambientali che in realtà non esiste per mostrare un'immagine positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale) e l’attuale basso livello di conoscenza da parte degli investitori rispetto al mondo degli investimenti sostenibili.
In Italia fino al 2014 non esisteva un riferimento legislativo specifico per il “greenwashing”, ma il controllo era invece affidato all’Antitrust nell’ambito della disciplina sulla “pubblicità ingannevole”.
Nel marzo 2014, l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria ha pubblicato la 58° edizione del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, che propone un primo riferimento all’abuso di diciture che richiamino la tutela ambientale. Oggi il greenwashing in Italia viene considerato pubblicità ingannevole ed è controllato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. In passato sono state già emesse diverse sentenze di condanna per alcune aziende che facevano uso del Greenwashing, come la Snam che è stata condannata nel 1996 per il suo slogan “Il metano è natura” oppure contro la San Benedetto, la Ferrarelle e la Coca Cola.
Quest’ultima qualche anno fa parlò della sua bibita come un prodotto a basso contenuto calorico per la presenza della stevia al posto dello zucchero. In Italia, tra i casi più noti di greenwashing c’è lo spot di Ferrarelle che pubblicizzava la bottiglia a “impatto zero” promettendo la compensazione della CO2 emessa con la tutela di nuove foreste: l’azienda è stata multata perché la definizione di “impatto zero” lascia intendere che la CO2 venga interamente compensata. Nel 2010 anche San Benedetto è stata multata per avere presentato la sua bottiglia di plastica come “amica dell’ambiente” in diverse pubblicità.
Quindi come accertarsi della veridicità della reale ecosostenibilità delle aziende?
Bisogna innanzitutto verificare la presenza nelle imprese di certificazioni ambientali, come gli standard EMAS (standard europeo che prevede la pubblicazione di una “dichiarazione ambientale” che tenga conto di vari parametri) e ISO 140001 (riferimento internazionale per le linee guida e i requisiti minimi per ottenere una certificazione), ma anche il GRS, ovvero Global Recycled Standard per quanto riguarda le imprese che si occupano del riciclo dei materiali. Questi strumenti di marcatura ed etichettatura dimostrano l’aderenza delle aziende ai regimi di tutela ambientale e di risparmio energetico.
Scegliere di puntare sulla sostenibilità significa per l’impresa creare valore condiviso, facendo attenzione ai propri stakeholder (portatori di interesse) e alla propria reputazione. Affiancarla all'innovazione, inoltre, diventa così anche una possibilità per aggiornare i modelli di business, la tecnologia e i processi. Fare un investimento finanziario che tenga conto dei fattori ESG significa quindi investire in imprese che compiono scelte aziendali sostenibili, coerenti con: i principi del Global Compact delle Nazioni Unite, relativi a diritti umani, standard lavorativi, tutela dell'ambiente e lotta alla corruzione, gli obiettivi dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e quelli dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.
Esempi di aziende virtuosi che dichiarano e agiscono con un proposito evolutivo al servizio della crescita sostenibile sono le B CORP e le società benefit: nuovi modelli culturali dove business, benessere e persone convivono e fioriscono in relazione reciproca. Le aziende B-Corp (Certified B Corporation) si impegnano a rispettare determinati standard per garantire un impatto positivo sui propri dipendenti, sulla società e sull’ambiente, conciliando l’economia e il profitto con l’etica, la sostenibilità e il benessere. Spesso il termine B-Corp viene associato alle Benefit Corporation (o Società Benefit), che però non sono propriamente la stessa cosa.
“Benefit Corporation” è una forma giuridica legalmente riconosciuta che un’azienda può assumere, mentre il termine “B-Corp” indica una certificazione volontaria ufficiale rilasciata attraverso la misurazione di alcune performance.
In definitiva si può essere Benefit Corporation pur non avendo la certificazione B-Corp e viceversa.
In questo scenario si inserisce una prospettiva finanziaria innovativa che adotta il principio secondo cui le aziende non dovrebbero finalizzare le proprie azioni ai soli profitti, ma includere il contributo al miglioramento delle risorse ‘Pianeta e Persone’. Un nuovo criterio grazie al quale le imprese hanno maggiori possibilità di successo nel medio termine (in termini di profitti e rendimento) se generano valore comune, condiviso e soprattutto sostenibile.
Un esempio di azienda sostenibile è “start2impact”, piattaforma online dedicata al lavoro nel campo del digitale. Oltre al vantaggio di poter scegliere tra 6 percorsi di studio personalizzati e ai progetti pratici pensati per prepararsi al mondo del lavoro, start2impact si impegna a sensibilizzare le nuove generazioni sul tema della sostenibilità. Ad avere cura di chi e cosa ci circonda, ricordandoci che è davvero possibile attuare grandi cambiamenti quando l’impegno del singolo viene potenziato dalla condivisione.
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