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Voler smettere di esistere


Christian Wiediger - https://unsplash.com/it/s/foto/centro-commerciale




<< "Siamo arrivati alla fine della storia" >>, disse Francis Fukuyama; o ancora, citando una frase di Mark Fisher (autore del libro che mi ha ispirato nella scrittura di questo articolo, "Realismo Capitalista"): << "È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo." >>

Viviamo in un'epoca che segna l'ingranarsi del "post-modernismo", la cui ideologia è la morte di tutte le ideologie e di tutti i credo nell'immaginario collettivo, che, ovviamente, ne risente le conseguenze e finisce, come ogni singolo frammento della realtà, per essere "colonizzato" dal Capitale e svuotato di ogni valore.

Il peso effettivo di questa condizione non è il fatto che si tratti di un vero e proprio nichilismo sociale osservabile chiaramente in qualunque ambiente di collettività, ma il fatto che si sia stabilita come principio della realtà, come "Neo-Realismo", o per l'appunto, realismo capitalista. "Il mondo va così, non possiamo farci niente, non c'è alternativa." è l'unica risposta che possiamo aspettarci nell'indagare le ingiustizie del sistema in tutte le sue forme; il non avere più nulla in cui credere ci ha resi incapaci di immaginare un futuro sia individuale sia collettivo.

Il primo dei tre fenomeni analizzati nell'opera, che mi ha colpito parecchio, è l'annullamento di significati in precedenza attribuiti alle realtà scolastiche, a scuola si studia solo per ottenere voti che a lungo andare non conteranno molto, gli studenti lo sanno benissimo (e molto probabilmente lo sanno anche i professori, come scrive l'autore riferendosi alla sua esperienza da professore di filosofia delle superiori). La scuola, secondo lui, si è trasformata in un'enorme società burocratica dove non conta tanto l'eccellenza quanto la parvenza di averla raggiunta, dove le aspettative sociali che tanto vogliono essere distrutte in una scuola più inclusiva si fondono con la capacità di determinazione dello studente.

Questo si connette agli altri due argomenti trattati nel libro, ossia la necessità di "ripoliticizzare" il discorso sulla salute mentale e la catastrofe climatica, definiti "Reali" nell'opera. "Realismo capitalista", ovviamente, è un'analisi molto approfondita della condizione sociale attuale e coprire ognuno dei temi trattati richiederebbe svariate riletture e una comprensione più approfondita della filosofia moderna dalla mia parte, ciononostante consiglio con tutto me stesso la lettura di quest'opera.

Passando oltre questa lunga introduzione, nella lettura di questo libro mi sono trovato varie volte a riflettere su come i fenomeni discussi abbiano impattato quella che è la realtà che sto vivendo in prima persona, mi sono trovato ad osservare in che modo io e il microcosmo sociale ci siamo trovati a reagire a questi fenomeni. Quello che ho constatato è definibile come un "desiderio di non esistenza", che fa da risposta all'impotenza dell'individuo sottomesso a un sistema informe, irraggiungibile e apparentemente immutabile. È quando ci si trova impossibilitati a soddisfare le richieste di questo sistema che subentra il desiderio di non essere, un desiderio viscerale, ben diverso dalla depressione o da un istinto suicida. Si tratta semplicemente della volontà di sparire in modo tale che il mondo si dimentichi per sempre di noi. Questo desiderio può realizzarsi anche in assenza di contatti sociali genuini, una condizione che diventa estremamente comune quando è più importante sembrare felici che esserlo per davvero.

La cultura pop è lo specchio di questa condizione, la musica breakcore ne è l'esempio perfetto: si tratta di un genere sperimentale, che esprime una volontà di stroncare la causa del desiderio di non esistenza, la non-essenza. Nella realtà esistenzialista, l'essenza non precede l'esistenza, ma è determinata da essa. Sono le nostre esperienze che plasmano ciò che siamo, non il luogo in cui siamo nati o il nostro sangue, come si pensava in un contesto pre-esistenzialista. Nel realismo capitalista, però, subentra la mancanza effettiva di questa possibilità, dato il vuoto assoluto di certezze e valori che lo rende ciò che è. Come risultato, l'individuo si trova alienato da sé stesso, si trova a vivere in una teca di vetro che lo separa dal vero sé, irrealizzabile a causa dei requisiti del sistema e/o degli standard sociali (le due cose sono strettamente collegate), e più cresce la volontà di rompere questa teca, più cresce il desiderio di non esistenza. La musica breakcore esprime proprio questo, la volontà di distruggere questa teca e riappropriarsi del proprio sé, spesso utilizzando titoli molto tetri e alludenti alla morte o alla perdita di identità reale sovrastata dall'identità artificiale creata su internet, ed è essenzialmente musica strumentale piena di percussioni digitali quasi assordanti che danno l'idea del distruggere il tessuto di questa realtà fittizia, per questo motivo adoro questo genere musicale, come migliore interprete l'artista conosciutə come "Sewerslvt".Questo sentimento però, almeno per quanto riguarda la mia esperienza personale, non ha solo lati negativi; tutti questi desideri insoddisfatti che si alimentano l'un l'altro, il volere che le cose cambino, il voler appartenere ad una società amorfa e irresponsabile come conseguenza ed il voler smettere di esistere come ultima risposta, si sono ingrossati al crescere della loro insoddisfazione, a tal punto da diventare incontenibili e trascinarmi in una profonda depressione dove il desiderio costituiva l'interezza della mia vita, fino al momento in cui questo "voler vivere la realtà" che è causa degli altri due sentimenti descritti si è espanso così tanto da sfondare quella "teca" dall'interno. Se il sistema non ha una forma, adattare la propria per incastrarla in esso è impossibile; al contrario, è meglio perderla del tutto. Lascia andare ogni identità (o costrutto) sociale, tu non sei nient'altro che te stesso. Tornando al libro per concludere, proprio come la fine della storia costituisce per Fisher la più grande opportunità per una "post-storia" di insediarsi nella realtà, di dare una forma ad una società che l'ha cancellata, cito: << "Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna possibile" >>, così l'assenza totale di ogni identità che la società costruisce per noi, la "non-esistenza" sociale, costituisce la base di un'identità definita da noi stessi, costituisce la base di un' esistenza interamente priva di limiti, dove essenza ed esistenza riformano una gestalt, una totalità.

M.C. 3B LING

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