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La psicoeconomia di Charlie Brown

 


Charlie Brown con la ciotola in mano si avvicina alla cuccia di Snoopy che aspetta la cena: «Mi dispiace di averti portato la cena in ritardo ieri sera, Snoopy». E il bracchetto: «Capisco, in tempo di crisi va così… è sempre il cane di casa a rimetterci».

Bene, ma cosa c’entra con la “psicoeconomia”? Se ci pensiamo, tutti seguiamo percorsi ‘logici’ soggettivi, stabilendo relazioni causa-effetto da osservazioni parziali. Cadiamo in trappole mentali quando sappiamo perfettamente di dover mantenere razionalità e freddezza: siamo collerici come Lucy, indecisi come Linus, insicuri come Charlie Brown. Le decisioni economiche che prendiamo sono quindi dettate anche da motivi immateriali, come la paura di perdite e rimpianti. Come evitare di farsi sopraffare dalle emozioni? Niente paura. La nostra irrazionalità è sistematica e, di conseguenza, prevedibile. Con il metodo scientifico siamo in grado di indagarla razionalmente, tramite osservazioni ed esperimenti. Se teniamo conto dei vincoli cognitivi, delle capacità computazionali della nostra mente e dell’influenza delle emozioni, anche la scienza economica può diventare uno strumento utile per migliorare le nostre vite. Ebbene sì, siamo tutti Peanuts, personaggi di un fumetto, non casi da manuale. E allora? Questo è un presupposto che apre a strategie utili e applicazioni sorprendenti. La psicoeconomia di Charlie Brown non è uno schema filosofico, bensì la proposta di un approccio concreto per cambiare in meglio i comportamenti che influenzano l’intera società.

È chiaro che l’universo organizzato sulla “razionalità economica” non può funzionare. Come scopre Charlie Brown, raccogliendo la matita caduta alla ragazza dai capelli rossi, anche lei mordicchia l’estremità. «È umana!». Il medesimo entusiasmo dovrebbe essere provato da chi si occupa di politiche pubbliche e dell’arte governativa, perché tenere conto delle nostre fragilità funziona. La psicoeconomia parte da qui. Dal fatto che mordicchiamo le matite.

V. E. C. 

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