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INFORMAZIONE, questa sconosciuta

 

Informazióne: s.f. [der. di informare; cfr. lat. informatio-onis “nozione, idea, rappresentazione”, in epoca tarda “istruzione, educazione, cultura”].

1.      L’azione dell'informare, di dare forma cioè a qualche cosa.

2.      Atto dell’informare o dell'informarsi, nel senso di dare o ricevere una notizia, intesa come libero accesso alla verità attraverso i mezzi che interpretano e formano la pubblica opinione.

 

Definizione tratta da: vocabolario Treccani on line.


 

    Non so voi, ma mi ha sempre affascinato il dizionario. Quello di carta, sì, che spesso sta nascosto in un angolo polveroso della biblioteca di casa, perché tanto è troppo spesso per tenere fermo il tavolino del salotto, perennemente traballante sulle sue gambe incerte…. Ma anche quello di Google, che poi è molto più comodo. Ciò che mi ha attrae realmente sono le sue definizioni: ecco, trovo che perdersi tra le sue pagine cercando parole random possa dare molti spunti per riflettere.

    Torno così proprio alla parola che apre questo articolo… Due sono le voci qui riportate, due le definizioni: la prima fornisce un significato più arcaico, la seconda quello cui comunemente facciamo riferimento quando pensiamo a questo termine. Ma d’altronde possiamo intravedere punti in comune. In accordo con il dizionario, a partire dall’etimologia stessa, la parola “informazione” è direttamente collegata ad altre: notizia, libertà di accesso, verità, idea, pubblica opinione, educazione.

    Insomma, “da' forma a qualcosa”. Pur senza entrare nel dettaglio, su una cosa tutti possono concordare: essere informati (ad esempio, sugli avvenimenti mondiali) significa avere coscienza e consapevolezza di ciò che accade intorno; porta ad una visione, anche globale, dei fatti e aiuta a sviluppare un pensiero critico, più o meno approfondito, sugli eventi stessi. L’informazione come mezzo per creare la propria visione del mondo e per sentirsi inseriti nel proprio presente, per non fare come gli armadilli, che al minimo strano rumore si avvolgono nella loro corazza e, da lì dentro, estranei al mondo “di fuori”, si sentono al sicuro e tranquilli.

    Allo stesso tempo però, il dizionario lascia vedere in modo chiaro ciò che l’informazione NON è, e non deve essere. Quando questa viene manipolata, deformata, sporcata o, perché no?, omessa o riportata incompleta, non è più informazione. Diventa altro, e sommandosi ad altre ancora dello stesso genere, dà vita a quell’enorme e vario fenomeno che ha diversi modi di esprimersi: fake news, hoax, bufale (informatiche e non)… Fenomeno peraltro che esiste da sempre; già gli imperatori romani lo praticavano, nelle loro propagande politiche, per infangare gli avversari e guadagnare il consenso dell’opinione pubblica. Immaginiamo Ottaviano Augusto con uno smartphone in mano e un profilo Twitter: probabilmente sarebbe stato devastante. Anche la propaganda bellica nella storia si è ampiamente servita delle “fake news”, di fatto per fini analoghi.

    Arrivando al presente, però, considerando davvero l’immensa portata di “informazioni” che ci scorrono sotto gli occhi quotidianamente grazie alla rete e ai social, il potere di chi ha il monopolio o dirama false notizie può essere devastante. È il caso, attualissimo, del conflitto in Ucraina, che prendiamo ad esempio. La rete sta compiendo un lavoro di sensibilizzazione incredibile, essendo liberamente accessibile a tutti e fornendo ogni genere di spunto (basta aprire Facebook, Instagram, TikTok, per trovare video, foto e ogni genere di testimonianza diretta, postata spesso dagli stessi civili ucraini); ma allo stesso tempo, rete e social si stanno rivelando anche una pericolosa arma. Commenti e post con informazioni fasulle o deliberatamente modificate affollano il web e, oltre a fornire dati scorretti e fuorvianti, rendono difficile comprendere davvero la situazione, laddove la prerogativa deve essere proprio quella di cercare di fare chiarezza. Molte piattaforme (Meta, ad esempio, società che gestisce Facebook, Instagram e WhatsApp) si sono attivate per porre un limite alla disinformazione e alla diffusione di falsi post (articolo di riferimento, per avere un quadro complessivo più preciso: https://tg24.sky.it/mondo/approfondimenti/guerra-ucraina-fake-news), ma le difficoltà sono molteplici, soprattutto nell’individuazione delle fonti.

    Insomma, che fare? Quale criterio usare per usufruire di un’informazione “come si deve”, così come il dizionario ce la definisce?

    Quale può essere il nostro “filtro anti-fake news”? Forse la nostra intelligenza ? Forse l'educazione ? Forse adulti che sappiano insegnarci l'arte di conoscere il mondo per conoscere davvero noi stessi.


C.B. IVA Liceo Scientifico

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