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Che strana e allo stesso tempo curiosa è la percezione del tempo: a volte ci sono minuti che sembrano durare ore, poi ci sono ore, se non anche giorni o addirittura mesi che sembrano volare via in un attimo. Ognuno di noi, ogni singolo cervello, percepisce il tempo in modo differente. Ciò che può influenzarlo sono le emozioni, ma anche l’età, il movimento e perfino la temperatura corporea. Inoltre, c’è un forte legame tra il nostro modo di misurare il tempo e quello di percepire lo spazio che ci circonda.
Nell’arte c’è un celebre quadro che rappresenta molto bene questo concetto. Si tratta della “Persistenza della memoria” di Salvador Dalì. È un’opera surrealista che ritrae una landa deserta in cui figurano i famosi orologi rappresentati come oggetti molli, quasi liquefatti. Pur avendo ancora le lancette che segnano il tempo, questi strumenti hanno perso la loro solidità: sono diventati il simbolo dell’elasticità del tempo. Lo sfondo è un paesaggio costiero di Port Lligat, in Spagna, dove Dalí soggiornava con la compagna Gala quando realizzò quest’opera.
Infatti sono proprio gli orologi i protagonisti del quadro e in esso se ne contano quattro. Il primo, con una mosca appoggiata sopra, sembra quasi sciogliersi sul bordo del parallelepipedo in primo piano. Il secondo, che ha ormai perso la sua forma originale, è appoggiato sull’unico ramo dell’albero secco. Il terzo orologio è appoggiato sull’occhio, ormai senza la sua forma originale tonda. Il quarto è l’unico ad aver mantenuto la sua forma solida ed è ricoperto da formiche (a causa della fobia che Dalì aveva per questi insetti).
Questi orologi molli rappresentano la relatività della percezione temporale. Ogni orologio segna ore diverse, ad indicare come sia personale la sensazione temporale rispetto ad una determinata situazione. La percezione del tempo è soggettiva, è una dimensione diversa per ogni persona e per ogni situazione e questi strumenti di misurazione del tempo ci riportano proprio a questo concetto: diventano un simbolo di plasticità per la loro dimensione soggettiva.
Il dipinto, inizialmente chiamato “Gli orologi molli”, fu acquistato nel 1932 dal gallerista Julien Levy (New York) che lo ribattezzò “La persistenza della memoria”. Nel 1934 l’opera fu donata da un collezionista anonimo al Museum of Modern Art, dove è tuttora esposta. Certo che non è semplice usare bene il lasso temporale a nostra disposizione e il lockdown ne è stata una prova. Può capitare di avere giornate super produttive e altre dove invece concludiamo poco o nulla. E quel nulla ci pesa, perchè alla fine è soddisfacente essere produttivi. Però penso che non sempre fare nulla significa perdere tempo.
Mi viene quindi in mente il seguente quesito: riusciamo ad annoiarci?
La maggior parte delle volte purtroppo no, perchè oggi viviamo in una società dove si corre sempre, quindi riuscire a fermarci e prendere del tempo non è cosa da poco. Però sarebbe bello provarci, provare a fermarsi dalla realtà frenetica e pensare: “Okay, ora ho un po’ di tempo per assaporare davvero ciò che mi circonda”.
C. G
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