La giornata di una liceale-violinista inizia quando molti ancora sognano: sveglia alle 6 del mattino e subito sul pullman, verso la scuola. Lì tra filosofia e versioni di greco, il mio cervello si prepara alla prossima missione: il conservatorio, che dista solo un’ora. Perché rendere le cose facili, quando si possono complicare?
Il pomeriggio è un susseguirsi di lezioni: storia della musica, pianoforte, violino, musica da camera, coro e teoria musicale. Ogni giorno è un concerto di impegni, e come bis ci sono le tante ore quotidiane di pratica al violino. Sì, perché per far sembrare facile un capriccio di Fiorillo, ci vogliono sangue, sudore e lacrime, come dice il mio Maestro. E se pensate che un violino sia solo uno strumento, provate a tenerlo in spalla per ore: è un allenamento completo per schiena e braccia, altro che palestra.
Ma la giornata non finisce qui. Dopo le lezioni, c'è il tempo per i compiti, lo studio e, naturalmente, altra musica. Ed è qui che entra in scena la sala comune del conservatorio. Un luogo che dovrebbe essere dedicato alla concentrazione e al silenzio, ma che si trasforma in una marea di domande, richieste e conversazioni. Gli studenti più grandi sembrano avere un radar per individuare chi sta cercando disperatamente di studiare. “Sai dove sono le fotocopie?”, “Cosa studi?”, o il classico: “Hai una matita?”. E mentre cerco di mantenere la calma e rispondere educatamente, dentro di me urlo: “Lasciatemi in pace, voglio solo finire i compiti!”.
E poi ci sono gli amici. “Esci stasera?” chiedono, ignari del fatto che il mio strumento ha più appuntamenti di me. Rispondere “Non posso, ho lezione” è ormai un mantra. Le uscite serali si trasformano in sogni ad occhi aperti, ma va bene così. Perché alla fine ogni sacrificio vale la pena. Certo, una serata sul divano ogni tanto non guasterebbe, ma il palcoscenico – reale o immaginario che sia – ha un fascino che nessun divano potrà mai eguagliare.
L. T.
1A Classico
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