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MOLKA


“La mia vita non è il tuo porno”: questa frase è diventata ormai un mantra, prima una voce inascoltata, ora una protesta sempre più forte di migliaia e migliaia di donne sudcoreane – ma non solo – vittime del fenomeno “molka”.

Cosa si intende per molka? Fenomeno principalmente diffuso e tristemente noto in Corea del Sud – ma anche e purtroppo in molti altri paesi –, consiste nel riprendere le donne nella loro intimità mentre usano un bagno pubblico con l’uso di telecamere nascoste e piazzate apposta; i filmati ottenuti vengono poi venduti a siti pornografici, che fanno circolare i video in rete, diffondendoli.

Ignare di tutto, le donne si ritrovano protagoniste di clip cliccate dai voyeur dello Spy-cam porn.

Molte donne e ragazze del paese, purtroppo, hanno denunciato di essere state vittime di questo fenomeno; tra loro, c’è Ha Yena, una ragazza di 21 anni che, dopo una serata trascorsa con gli amici e dopo essere andata a dormire in un motel, si è svegliata nel cuore della notte sorprendendo un ragazzo che stava filmando le sue parti intime con uno smartphone. La ragazza, in preda allo shock, non ha saputo reagire.

“L’unica cosa che sono riuscita a balbettare è stata: “Chi sei?’”, ricorda.

Il fenomeno non si ferma soltanto ai bagni pubblici: anche metropolitane, supermercati, uffici e persino scuole sono diventati i luoghi prediletti dei cosiddetti “cyberguardoni” per spiare e filmare donne e ragazze ignare di tutto. Questa pratica aberrante è stata a lungo denunciata in massa.

Raphael Rashid, giornalista a Seoul, scrisse su Twitter: “Oggi le donne coreane indossano maschere per coprirsi i volti e cercano i buchi nel muro quando vanno nei bagni pubblici. Le telecamere sono nascoste nel muro e persino dentro la toilette. Questi crimini sono dilaganti, e vengono commessi anche in bagni pubblici, palestre, piscine e strutture ricettive”.

Stanche di vedere la propria intimità e dignità violata, il 9 giugno 2018, oltre 22mila donne, vestite di rosso e col volto travisato, hanno manifestato a Seoul – in una manifestazione femminista più grande mai registrata nel paese – per far sentire le loro voci da sempre inascoltate.

Un altro episodio che fece infuriare ed indignare le sudcoreane fu quando a maggio una donna di 25 anni fu arrestata per aver filmato e diffuso l’immagine di un modello maschile nudo in posa per un corso d’arte all'Università Hongik di Seoul, senza che lui ne fosse a conoscenza. La responsabile, subito individuata, rischiava una multa molto salata se non addirittura una pena fino ad un anno di carcere.

Qui la domanda sorge spontanea: per quale motivo se la vittima è un uomo si interviene tempestivamente – e giustamente, si deve aggiungere – mentre se la vittima è una donna viene automaticamente classificata come “porno”?

Il molka è e deve essere considerato come un vero e proprio stupro in quanto manca una cosa fondamentale: il consenso.

Secondo stime della polizia, tra il 2013 e il 2017 ci sono stati più di 6.000 casi di “molka” ogni anno – ma il numero effettivo è probabilmente molto più grande. La stragrande maggioranza dei responsabili sono uomini; la maggior parte delle vittime, donne.

Nell'aprile 2018, oltre 200.000 persone hanno firmato una petizione chiedendo il divieto di vendita di mini telecamere e pene più severe per i responsabili di filmare di nascosto le donne.

A Seoul è stata creata una squadra di polizia che controlli che nei bagni pubblici non siano state installate telecamere nascoste, attraverso l’utilizzo di dispositivi di scansione a infrarossi e rilevatori di campi elettromagnetici. Successivamente, nel 2019, il governo sudcoreano ha adottato una legge che prevede che chi filma o fotografa una persona senza il suo consenso in modi che possano provocare desiderio sessuale o essere causa di umiliazione rischia fino a cinque anni di carcere o una multa di 10 milioni di Won (7 651 euro).

Tuttavia, solo una minima parte degli autori di questo crimine sessuale rischia il carcere; finora la maggior parte se l’è cavata con un multa o è in libertà vigilata. Tra il 2012 e il 2017, su oltre 20mila sospettati di sesso maschile, solo il 2,6% è stato arrestato.

Ma le sudcoreane, così come tante altre donne di tutto il mondo, non sono disposte a lasciarsi vincere in questa battaglia per tutelare i propri diritti e le loro stesse persone.


S. F.

III A Class.

Immagine linkata al sito d'origine


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