Passa ai contenuti principali

NELLIE BLY




Nellie Bly non può essere definita, in modo del tutto anonimo, come una semplice giornalista statunitense. Ma Lei è stata molto più di questo. Nellie Bly, all'anagrafe Elizabeth Cochran – questo il suo nome di battesimo – nasce nel villaggio di Cochran’s Mills, in Pennsylvania, il 5 maggio del 1864. Quando il padre, Michael Cochran, muore, Elizabeth ha solo sei anni e la madre, Mary Jane, si ritrova improvvisamente senza denaro e con tutti i figli a carico. La famiglia si trasferisce così a Pittsburgh e la madre si risposa con un altro uomo, che si rivela presto un violento e un alcolizzato. Quando Mary Jane decide di divorziare, a testimoniare in tribunale c’è anche Elizabeth, ancora adolescente.
La vita di Elizabeth non è facile: a quindici anni, con la grande passione per la scrittura, a causa di diverse difficoltà economiche della sua famiglia, è costretta a lasciare gli studi per diventare maestra; così, tornata a casa, Elizabeth fa diversi lavoretti, come ripetizioni e babysitting. È in quel momento che legge per caso sul “Pittsburgh Dispatch” un articolo intitolato “What Girls Are Good For” (“A cosa servono le ragazze”), in cui l’editorialista Erasmus Wilson sostiene che le donne appartengono alla sfera domestica e il loro principale compito sia quello di badare alla famiglia, cucinare e cucire, definendo le donne che tentano di fare carriera una “mostruosità”. Al giornale arrivano diverse lettere di protesta. Fra queste, una in particolare incuriosisce il direttore del giornale, George Madden. È firmata “Little Orphan Girl” e colpisce così tanto Madden per la sua forza e la passione con cui è scritta che, sicuro del fatto che l’autore sia un uomo, pubblica un annuncio sul giornale proponendogli un lavoro. È però la ventunenne Elizabeth Cochran a presentarsi in ufficio pochi giorni dopo, accettando l’offerta. 
All’epoca era sconveniente per una donna essere una giornalista, così lo stesso direttore George Madden le assegnò lo pseudonimo di Nellie Bly, ispiratogli del titolo di una famosa canzone di Stephen Foster. Inizialmente lo pseudonimo avrebbe dovuto essere Nelly Bly, ma Madden scrisse erroneamente Nellie e l'errore rimase. 
Un nome che era destinato a fare la storia.
Nel 1884 intervista la prima donna a candidarsi come presidente degli Stati Uniti, l’avvocatessa e attivista per i diritti civili Belva Ann Lockwood; si oppone fermamente quando la Pennsylvania decide di modificare le leggi sul matrimonio e sul divorzio. Due anni dopo, nel 1886, riesce a convincere Madden a mandarla in Messico come corrispondente estera. Nellie però è scomoda per il governo messicano: racconta infatti storie di povertà e corruzione del Paese governato dal Presidente Porfirio Díaz. Viene espulsa dal paese e costretta a tornare negli Stati Uniti.
Al suo ritorno, decide di lasciare il Dispatch e si trasferisce a New York. Qui si presenta a Joseph Pulitzer e lo convince ad assumerla nel suo New York World, uno dei più importanti quotidiani della città.
Ed è in quel momento che Nellie fa la Rivoluzione – e sì, si merita la “r” maiuscola. Propone di condurre un’inchiesta sulle condizioni del manicomio femminile di Blackwell’s Island, a New York; Nellie sarà la prima a dedicarsi al giornalismo investigativo, nonché creatrice del genere di giornalismo sotto copertura. Nellie infatti si finge pazza e si lascia internare, scoprendo gli abusi, le torture e le mostruosità di quello che tutt’altro era fuorché un luogo di cura. “Una trappola umana per topi. È facile entrare ma, una volta lì è impossibile uscire”, scrive Nellie. Il cibo era rancido, i bagni freddi, l’igiene scarsa; inoltre, spiega, molte donne rinchiuse lì dentro sono in realtà emigrate, povere o internate dai familiari contro la loro volontà. Viene dimessa dopo dieci giorni grazie all’intervento del suo giornale e da quell’esperienza nasce un’inchiesta pubblicata sul quotidiano, da cui viene anche tratto il volume “Ten Days in a Mad-House”. Lo scalpore fu talmente tanto che stato di New York, a seguito della denuncia di Bly, decise di dare il via alla riforma degli istituti di cura mentale e di aumentare le sovvenzioni destinate al miglioramento delle condizioni delle pazienti.
La carriera di Nellie non si ferma qui: si occupò anche di sfruttamento delle operaie, di bambini non desiderati, delle condizioni di lavoro delle domestiche e della vita che si conduceva in un istituto di carità. Si fa addirittura arrestare per raccontare e testimoniare le condizioni di vita delle detenute.
Nel 1895, Nellie lascia il giornalismo e sposa un milionario; alla morte del marito, nel 1904, la giornalista rileva l’azienda assumendone il controllo. Nelle sue fabbriche Elizabeth garantisce i diritti e i valori per i quali si è sempre battuta: fa costruire ambulatori medici e biblioteche, inserisce aree per l’attività fisica e mette a disposizione corsi di lettura e scrittura per gli operai. Un sistema incredibilmente moderno per l’epoca, ma estremamente dispendioso, che, a lungo andare, si rivela impossibile da mantenere. Dopo pochi anni è costretta a dichiarare bancarotta.
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Nellie torna a fare giornalismo. Si trasferì in Europa ed inviò reportage al “New York Evening Journal” dai fronti russo e serbo. Fu la prima donna ad essere un corrispondente di guerra. Ritornò in seguito a scrivere articoli di cronaca, parlando al congresso delle suffragette del 1913.
Nellie, però, viene ricordata anche e soprattutto per aver voluto emulare quello che lo scrittore francese Jules Verne aveva immaginato in uno dei suoi libri più conosciuti, “Il giro del mondo in 80 giorni”. In 72 giorni, Nellie visitò Europa, Giappone, Cina, Hong Kong e Sri Lanka. Mentre era in Francia si recò ad Amiens, la cittadina dove viveva Jules Verne; incontrò l’autore e lo intervistò.
Nellie Bly fu, inoltre, la prima donna a viaggiare attorno al mondo senza essere accompagnata da uomini e divenne un modello per l'emancipazione delle donne.
Morì il 27 gennaio 1922 per polmonite, al St. Mark's Hospital di New York. Poche settimane prima di morire, Nellie disse la frase destinata a diventare il suo epitaffio – nonché il perfetto riassunto della sua stessa vita:

“Non ho mai scritto una parola che non provenisse dal mio cuore. E mai lo farò”.

S. F.
III A Class.

Commenti

Post popolari in questo blog

“Dica pur chi mal dir vuole. Noi faremo e voi direte”. Canzone delle Cicale

Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/vectors/cricket-insetto-cavalletta-pest-47470/ Le fanciulle:  Donne, siam, come vedete,  giovanette vaghe e liete.  Noi ci andiam dando diletto,  come s’usa il carnasciale:  l’altrui bene hanno in dispetto  gl’invidiosi e le cicale;  poi si sfogon col dir male  le cicale che vedete.  Noi siam pure sventurate!  le cicale in preda ci hanno,  che non canton sol la state,  anzi duron tutto l’anno;  a color che peggio fanno,  sempre dir peggio udirete.   Le cicale:  Quel ch’è la Natura nostra,  donne belle, facciam noi;  ma spesso è la colpa vostra,  quando lo ridite voi;  vuolsi far le cose, e poi ...  saperle tener secrete.  Chi fa presto, può fuggire  il pericol del parlare.  Che vi giova un far morire,  sol per farlo assai stentare?  Se v’offende il cicalare,  fate, mentre che potete.   Le fanciulle:  Or che val nostra bellezza, se si perde per parole?  Viva amore e gentilezza! Muoia invidia e a chi ben duole!  Dica pur chi mal dir vuo

BISOGNA COLTIVARE IL NOSTRO GIARDINO” Candido, Voltaire

Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/zen-giardino-meditazione-monaco-2040340/ Questa citazione un po' enigmatica, è tratta dal libro molto celebre di Voltaire e riguarda un tema che ancora oggi suscita in noi tante domande: le stesse alle quali Candido, il protagonista, si era trovato a rispondere... nel romanzo vengono contrapposte le idee di due personaggi che simboleggiano  l' eterno scontro tra bene e male: Pangloss, il primo personaggio, aveva un'idea completamente ottimistica del mondo e delle persone, la quale è raccontata in chiave satirica dallo scrittore, in quanto al personaggio che professa questa dottrina e a tutti gli altri, capitano atroci disavventure e catastrofi naturali. L'asserto è così astratto e utopico, da non poter combaciare con il mondo reale e il male che vi è insediato. Questo concetto è ripreso dal manicheo (pessimista) Martin che, contrariamente a Pangloss, pensa che il mondo sia dominato interamente dal male, sia fisico

"Per essere felici bisognerebbe vivere" ci consiglia Oscar Wilde

  Immagine tratta dal sito: https://pixabay.com/it/photos/dublino-oscar-wilde-scultura-2757921/ “Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente si limita ad esistere e nulla più.” Così dice Oscar Wilde in un passo del breve saggio “ L’anima dell’uomo sotto il socialismo ”, in cui condanna il capitalismo del suo tempo, accusandolo di non dare spazio all’uomo per coltivare i propri talenti e di uccidere l’individualità delle persone. Egli aspira a una società ideale, quella socialista, in cui è bandito il dominio sull’uomo e ciò può avvenire solo con l’abolizione della proprietà privata e con un’organizzazione senza autorità. L’uomo deve gestirsi da solo, in autonomia, per poter trovare la propria libertà. Il socialismo ha valore  perché porta all’individualismo e la più intensa manifestazione di questo è l’arte. La società del suo tempo pensava che l’avere fosse più importante dell’essere e gli dispiaceva che essa avesse queste