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QUANTA CURA ....NELLA CURA?!

 

 QUANTA CURA… NELLA CURA?!

 L’influenza del mondo digitale anche nelle piccole azioni quotidiane



Immagine tratta da: https://pixabay.com/it/

    Un mondo iperconnesso, quello di oggi, nel quale tutti possono sentirsi (o almeno credersi) più vicini agli altri, più partecipi in ogni attività più o meno “social”, informatissimi su qualsiasi questione; dove le distanze vengono azzerate, come parallelamente cambia il concetto di spazio personale. Quel “non-luogo” che viene continuamente ridisegnato e plasmato non solo con l’evolversi della persona, con il progredire dell’età e dei mutamenti nelle proprie necessità, ma anche (e oggi come non mai) con il rapido cambiamento che la tecnologia, in primis, sta operando ad ogni livello della società.

    Complici due lockdown e, probabilmente, le svariate quarantene cui siamo stati, e tutt’ora siamo, sottoposti in caso di necessità, nessuno si sentirebbe più di proclamare a spron battuto, ergendo tale vessillo come bandiera sul campo di battaglia, che la tecnologia è “inutile se non dannosa”. Né di bollare come definitivamente “negativo” il mondo sul piccolo schermo. Perlomeno, magari continuando a pensarlo sotto qualche aspetto (e senza ammettere che ciò non sia vero in senso assoluto), forse ci si soffermerebbe un po’ di più a riflettere sulle svariate implicazioni di un’affermazione piuttosto semplicistica e riduttiva quale, senza dubbio, questa è.

    Ma appurati i suoi innegabili vantaggi e potenzialità, essendo la dimensione online presente ormai nella quasi totalità delle nostre azioni quotidiane… come si collega, con l’universo di possibilità che ci apre davanti, ai ritmi biologici e alle relazioni della vita umana?

    Primaria possibilità che il mondo digitale ci offre è quella di velocizzare enormemente ogni nostra azione. È di fatto vero che, oggi, “basta un click per ottenere tutto ciò che si vuole”: dall’accesso ad infinite risorse digitali, all’accendere la luce del salotto senza dover alzarsi dal divano… Aaah, le meraviglie del Bluetooth!  Oppure trovare ogni genere di prodotto, spesso a prezzo scontato, proveniente da una qualsiasi parte del globo e prontamente recapitato a casa propria, al più nel giro di una settimana. Per non parlare delle relazioni “digitali”: che sia con il vicino della porta accanto, cui quasi si chiede il numero di telefono e l’account Instagram ancor prima del nome, o con un proprio caro trasferitosi in una landa del Tibet, quanto sono comode e, non neghiamolo, fondamentali ormai in ogni campo, sia lavorativo, scolastico o puramente personale.

    Quali gli effetti di questa rapidità e immediatezza? Di quest’avere sempre tutto, letteralmente, a portata di mano? Quel motore di ricerca, incredibilmente più complesso e assolutamente naturale, che è la nostra mente, così iper-stimolata, avverte una necessità impellente di fare, fare, senza un attimo di interruzione… Fare cosa? Di tutto: dai compiti alle più diverse attività di svago, dal lavoro d’ufficio all'aggiornare gli indispensabili profili social. E così via. Svolgere spesso molte di tali attività per il semplice gusto di fare qualcosa, e subito. È semplice perdersi in una dimensione in cui tutto è già pronto, dove spesso si gioca a fare gli “avatar” di sé stessi.

    Una delle perdite più dannose diventa così la cura che poniamo proprio nel fare le cose. Il che non significa solo non dedicarvi più la dovuta attenzione, ma proprio perdere il vero interesse di farle; senza un motivo di fondo abbastanza saldo che sproni ad agire per qualcosa, tutto rischia di diventare incredibilmente monotono e piatto. Il che dà avvio ad una serie di reazioni a catena per cui, a volte, dopo ore spese davanti al PC o allo schermo del telefonino, viene da domandare a sé stessi: ma che sto facendo? Perdendo completamente cognizione del tempo e del motivo iniziale per cui avevamo cominciato, magari, a navigare in rete… Come quando si entra in una stanza con l’idea di fare qualcosa che prontamente ci si dimentica di fare, per cominciare una serie di attività del tutto diverse.

    In effetti, la tentazione esercitata dal mondo digitale e social influisce spesso sul nostro livello di attenzione nella vita “reale”. Parallelamente quindi, ecco che la cura che andrebbe applicata in ogni ambito e che dovrebbe guidare ogni nostra azione non di rado sfuma nella costante necessità di “fare”, che spesso prevale, scavalcando il bisogno di fermarsi un attimo in più a pensare. È innegabile che il riporre minor cura nelle cose ci porti anche a una carenza di originalità, facendoci cadere nella ripetitività, se non nella trascuratezza. Tale tendenza si sta impossessando di ogni aspetto della vita quotidiana, rendendosi quanto mai dannosa: esempi? Si pensi all’informazione pubblica. Quando alla mancanza di cura nel riportare o cercare le notizie si aggiunge la rapidità di diffusione che queste hanno sul web, risulta evidente come possa essere una delle principali cause di disinformazione. È inutile girarci intorno, il discorso è poi sempre lo stesso: avere un certo livello di “attenzione” non significa solo essere concentrati e consapevoli di ciò che si fa, ma si riferisce anche al tempo e all’importanza che si attribuisce a una cosa (o a qualcuno)… Quindi averne cura. Saremo disposti a strappare questo “tempo” dalle nostre frenetiche e indispensabili attività quotidiane? :)

 

C. B. IV A Scientifico

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