Molto spesso si parla di victim blaming, vale a dire “ritenere la vittima di un crimine o di altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è accaduto e spesso nell’indurre la vittima stessa ad autocolpevolizzarsi”. La conseguenza più grave di questo atteggiamento è quello di non credere completamente alle parole di chi denuncia, portanolo a ritirare la denuncia. Ed è proprio questo che accade in “Unbelievable”, la miniserie di Netflix uscita nel 2019.
Basata sull’articolo "An unbelievable story ofrape" di T. Christian Miller e Ken Armstrong (vincitore del premio Pulitzer nel 2016), questa miniserie si ispira alla tragica storia della giovane Marie Adler (interpretata da Kaitlyn Dever), stuprata due volte: dal suo aggressore e dalla società. Infatti, quando Marie andrà a denunciare l’abuso subito, i due detective incaricati di seguire il suo caso, infastiditi dalla sua incongruenza nel racconto, la costringeranno attraverso una serie di violenze psicologiche inaccettabili a farle dichiarare di non aver subito l'abuso. Soltanto grazie all’intervento delle detecitve Grace Rasmussen e Karen Duvall Marie riuscirà finalmente a ottenere giustizia.
“Unbelievable” vuole mostrare come molto spesso una donna che ha subito una molestia abbia paura di denunciare per paura di sentirsi dire se l’è cercata… ha provocato… indossava un vestito provocante… e tutte quelle altre frasi che a volte si dicono quando avvenimenti simili accadono.
In ultima analisi, ciò che preme alla serie è dare dignità alla storia di Marie e di tutte quelle donne che non sono state credute, accusate di voler attirare l’attenzione o di cercare soldi, o che per paura di non ricevere aiuto non hanno nemmeno provato a denunciare. E questo è il messaggio più bello e positivo che la serie trasmette allo spettatore.
B. C.
II A Liceo Classico
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