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"La divina" tra applausi e tormenti




Marzo, mese della donna. L'occasione migliore per ricordare una delle donne più celebri del teatro occidentale: Eleonora Duse. 
Nata nei pressi di Vigevano il 3 ottobre 1858, la sua figura, tanto enigmatica quanto carismatica, viene spesso associata a quella del celebre scrittore Gabriele D’annunzio, con cui ebbe una travagliata storia d'amore.
La sua arte era prettamente anticonvenzionale: non amava eccedere con l’enfasi nelle battute, nei gesti, anzi era solita limitare tali elementi all’essenziale, cosa che dimostrava anche evitando di truccarsi e basandosi sulla semplicità del suo aspetto. Negli anni da autodidatta sviluppò un suo stile di recitazione. In particolare utilizzava molto le pause, durante le quali trasmetteva i sentimenti e gli struggimenti allo spettatore, anticipando l’emissione vocale vera e propria della battuta e permettevano agli spettatori di immedesimarsi.

La carriera
Nipote e figlia d'arte,esordì sul palco all’età di 4 anni con "I miserabili" di Victor Hugo. La sua infanzia non fu semplice, dato che la compagnia essendo sempre in viaggio, la catapultò in una vita frenetica sin dalla giovane età. Quando compì 12 anni la madre si ammalò e lei la sostituì nel ruolo di Francesca da Rimini,di Silvio Pellico.
Alla morte della madre lei e il padre cambiarono compagnia e la sua carriera, mediante l’interpretazione di testi shakespeariani e alcuni celebri monologhi francesi, crebbe sempre di più.
Tormentose ma travolgenti furono le relazioni che allacciò: la prima fu con Martino Cafiero, un giornalista napoletano con cui ebbe un figlio all’età di 21 anni; lui la lasciò ed il figlio non sopravvisse.
Successivamente ebbe modo di farsi notare dalla compagnia Rossi, di cui entrò a far parte. Qui, con il ruolo di prima donna, conobbe il suo collega Tebaldo Marchetti, con cui si sposò ed ebbe una figlia.
Frattanto la sua carriera cresceva, ma non era ancora all'apice; finché Eleonora non vide uno spettacolo della giurata rivale Sarah Bernhardt, che le permise di capire che era giunta l’ora di rinnovare il suo stile. Questo suo salto di qualità ebbe inizio con l’interpretazione di “cavalleria rusticana”, di Verga; durante le varie repliche di
questo spettacolo, a Milano, conobbe il librettista Arrigo Boito.
Nel 1885 intraprese una tournée negli Stati Uniti, durante la quale si separò dal suo primo marito, a causa principalmente della distanza. Tornò in Italia con un nuovo compagno, anch'egli membro della compagnia, Flavio Andò. La loro relazione durò poco e lei finì per mettersi assieme a Boito. Da qui la sua carriera decollò e nel 1889 intraprese una tournée in Egitto, Russia, Austria e Stati Uniti.

La relazione con D’annunzio
Quando i due si incontrarono per la prima volta, a Roma, lui era solo all’inizio della sua carriera, mentre lei, felicemente sposata e con una figlia, era in uno dei momenti più alti. Lui (che era sposato con Maria Hardouin) le propose di passare la notte insieme, ma lei lo rifiutò con garbo; egli provò nuovamente nel 1888 a conquistarla, ma con scarso successo.
Nel 1892, durante una tournée negli Stati Uniti, Duse ricevette una copia di un romanzo di D'Annunzio, contenente degli elogi dedicati a lei; a questo punto cedette e tra i due iniziò un intenso rapporto epistolare. 
Tornata in Italia, l'attrice lasciò Boito e nel 1894 intraprese ufficialmente la relazione con D’annunzio (che per tutta la vita rimase sempre legalmente coniugato con Maria Hardouin).
Il rapporto inizialmente andò a gonfie vele: questa coppia di artisti diede al teatro italiano un svolta non indifferente, che univa le doti scrittorie di lui alle doti recitative di lei, rendendo il teatro molto più poetico. Ma come per tutte le cose, esiste un rovescio della medaglia.
Il Vate era notoriamente un donnaiolo narcisista e lei passò sopra a molte delle sue scappatelle; ciò che la Duse però faticò a digerire, fu il trattamento professionale che lui le riservò. Per esempio nel 1896 D’annunzio scelse come protagonista della “Città morta” Sarah Bernhardt, la sua più grande rivale. 
Oppure nel 1900 nel romanzo “Il fuoco” D’annunzio esaltò tutti i difetti fisici e
caratteriali di Eleonora; o ancora nel 1903, ella si rifiutò di interpretare “La figlia di Iorio” per motivi legati in parte all'orgoglio e in parte alla sua salute cagionevole. E lui non se ne curò minimamente, concentrandosi unicamente sullo spettacolo e mai
sulla sua amata gravemente malata. 
Fu così che la Duse lo lasciò, con una lettera straziante in cui sosteneva di non sentirsi più abbastanza per i ritmi dell’amato.
Da quel momento si concentrò unicamente sulla sua carriera, ma non era più quella di prima: era malata, stanca… e finì per ritirarsi. Nel 1914 fondò “La libreria delle attrici”,che ebbe breve durata causa dello scoppio della Grande Guerra. Quando
essa cessò, sostenne economicamente alcune famiglie dei caduti e poi esordì nuovamente nel mondo dello spettacolo. Nel 1921 fece la sua prima e unica esperienza cinematografica (“Cenere”), che non le piacque. 
L'anno successivo D’annunzio tornò, ma lei lo rifiutò; nel 1923 fece la sua ultima tournée ed il 21 aprile 1924, la vita le fu strappata via da una forte polmonite.

“La divina”
Pare che questo soprannome le sia stato attribuito dal celebre scrittore russo Anton Čechov, che dopo averla vista recitare “Cleopatra” di Shakespeare, disse: "Non conosco l’italiano, ma ella ha recitato così bene che mi sembrava di comprendere ogni parola; che attrice meravigliosa!”.

M. P. 2 A Com

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