Se c’è una cosa che accomuna la vita degli uomini fin dai tempi di cui si perde la memoria, quella è la ciclicità delle stagioni. Prendiamo questo periodo dell’anno, in cui arriva la primavera e la natura fa il suo corso: le giornate si allungano, sbocciano i fiori, gli uccellini cinguettano e l’Italia ottiene il tanto agognato Cucchiaio di Legno nel Sei Nazioni di rugby.
Una primavera che si rispetti non può iniziare senza il cucchiaio di legno avvolto nel tricolore, i tifosi azzurri lo sanno bene: l’Italia deve arrivare ultima nel più prestigioso torneo di rugby del vecchio continente (questo significa “vincere” il Cucchiaio di Legno) proprio come Atlante è tenuto a sollevare il mondo e Apollo a trainare il carro del sole, mentre a noi è concesso solo assistere all’annuale ripetersi degli eventi.
Lo scorso 16 marzo però, nella cornice del Principality Stadium di Cardiff qualcosa in questo ciclo naturale si è spezzato, l’Italia di coach Quesada si è dimenticata di ottemperare al proprio destino fatale e ha inflitto una storica sconfitta ai padroni di casa gallesi, cedendogli l’ultimo posto in graduatoria, di cui eravamo saldamente titolari dal 2016.
Certo, per chi non fosse pratico di rugby il ruolino della nostra nazionale nella manifestazione potrebbe non apparire così meritevole di celebrazioni: gli azzurri hanno infatti raccolto 2 vittorie, 1 pareggio e 2 sconfitte mettendosi alle spalle il solo Galles nella graduatoria finale.
Ebbene, alla 25esima partecipazione nel torneo si tratta invece della prima volta in cui la squadra italiana non chiude con un bilancio di risultati negativo. L’Italia nel Sei Nazioni perde. Questo dice la storia e a questo gli appassionati della palla ovale hanno dovuto assistere inermi per anni: basti pensare che l’ultima vittoria casalinga, prima del successo sulla Scozia del 9 marzo, risaliva addirittura al 2013.
Il distacco tra l’Italia e le altre 5 partecipanti (Inghilterra, Irlanda, Scozia, Galles e Francia) in questo quarto di secolo di partecipazione al torneo, che prima del nostro ingresso nel 2000 si chiamava Cinque Nazioni, è sempre apparso tragicomico e incolmabile, a maggior ragione considerando la relativamente scarsa attenzione che questo sport riceve nel nostro paese; non sorprende quindi che Cucchiaio di Legno e Whitewash (il titolo riservato alla nazione che perde tutte le partite di un’edizione) siano stati una doppietta quasi fissa della nostra selezione.
L’exploit italiano, va detto, non è stato completamente inaspettato: già dalla prima sfida gli azzurri avevano dimostrato di poter essere una mina vagante, uscendo sconfitti solo per 24-27 contro la ben più attrezzata (e mai sconfitta) Inghilterra. Da lì una netta débâcle contro i futuri campioni in terra irlandese, uno sfortunato pareggio (all’ultimo secondo il calcio che poteva regalarci la vittoria si è infranto sul palo) contro la Francia e poi le due convincenti vittorie contro Scozia e Galles, che hanno proiettato il rugby tricolore verso il suo più grande momento della storia recente.
A prendersi molti degli onori è, giustamente, il coach argentino Gonzalo Quesada, insediatosi alla guida della nazionale a gennaio e capace di correggere gli eccessi della precedente gestione Crowley, un “giochista” che aveva riportato entusiasmo prima di infrangersi fragorosamente contro gli scogli Francia e Nuova Zelanda negli ultimi mondiali (prima dei quali, a dire il vero, era stato già virtualmente esonerato).
Quesada ha puntato su un gruppo giovane e frizzante e, mentre la sua scelta sta pagando dividendi forse addirittura inaspettati, gli ottimi risultati degli azzurrini impegnati nel Sei Nazioni under-20 dimostrano che una nuova generazione è pronta a farsi largo e ad invertire lo storico trend negativo.
Insomma dopo tanti anni da “sesti incomodi” aggrappati al finestrino, gli Azzurri sperano finalmente di potersi ritagliare un posto comodo nella carrozza del Sei Nazioni, treno da cui si vociferava potessimo addirittura essere estromessi in favore di nazioni come Romania e Georgia, ma su cui ora viaggiamo più saldi che mai (e con le mani libere da quel maledetto cucchiaio).
F. G.
5B Scientifico
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