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OMORI. Le “scienze umane” applicate in un videogioco

Se come me siete studentesse o studenti di scienze umane, appassionati di videogiochi o non, è molto probabile che Omori attiri la vostra attenzione. Si tratta di un gioco indie rpg horror (il giocatore deve interpretare un personaggio definito e immergersi nel suo mondo e la produzione è diretta da un team di sviluppatori ristretto). 

Ma prima di iniziare, ecco un piccolo avviso. Se avete intenzione di giocarlo in una vera e propria "blind run", vi consiglio di interrompere la lettura perché, anche se cercherò di ridurre al minimo gli spoiler, questa storia si apre in una maniera per cui è impossibile capire sin da subito cosa stia succedendo, chi siamo e dove, per poi andare a snodare ogni mistero man mano che si procede con il gameplay. Se invece siete interessati a un'introduzione generale, proseguite pure con la lettura.

Vi basti sapere che il protagonista è Sunny, un ragazzo di 16 anni hikikomori (da qui il nome del gioco!) che a seguito di un trauma subito, sviluppa una vera e propria paura del mondo espressa in una lunga serie di fobie, tali per cui è portato a rinchiudersi in casa e troncare i rapporti con tutte le persone a lui care. 

Il suo "meccanismo di difesa" malsano per riuscire a condurre questa vita è l'immaginazione di un mondo a sé, l'Headspace, in cui si rifugia quando si addormenta, dove rivive la sua infanzia prima del trauma e dove può divertirsi con i suoi vecchi amici sotto una nuova identità: Omori. Noi giocatori andremo infatti ad esplorare a tratti il mondo reale, a tratti la mente del ragazzo (divisa fra Headspace, White Space e Black Space, il conscio e l'inconscio del ragazzo); tutti spazi incredibilmente differenti e quasi contrastanti per ambientazioni e situazioni.

Solo alla fine del gioco (che come minimo si raggiunge in almeno una trentina di ore) si potranno collegare i vari puntini e vedere il quadro che guida tutta la storia. Cosa è successo davvero 4 anni prima? Perché questo gruppo di amici è andato distrutto? Cosa nasconde Basil? Sono tutte domande per cui bisogna guadagnarsi una risposta, risolvendo puzzle, sfidando nemici brutalmente forti disegnati a pastello e, volendo, completare le “side quest” che sembrano non finire mai.

Una caratteristica che io personalmente amo di questo genere è la varietà dei finali: a seconda delle nostre scelte, piccole o grandi, consapevoli o non, l'esito cambierà totalmente. Noi, Sunny, possiamo decidere fra farci forza e uscire di casa nel mondo reale, seguendo Kel - il classico migliore amico estroverso, sportivo e tenace e che ci sprona continuamente a socializzare - oppure restare nella comfort zone della nostra casa, ma tra allucinazioni e crisi di panico... E in alcuni (in realtà molti) finali potremmo anche “farci morire”, perciò è bene fare attenzione, valutare più volte ciò che si fa e soprattutto tenere più di uno slot di salvataggio, così da tornare indietro prima di una certa decisione e chissà, magari giocare più di una route.

Ma perché questo gioco mi ha colpita tanto da scriverci un articolo? 

Si tratta di un gioco a 360°, la sua lunga durata non è casuale: l'autrice è riuscita a coniugare una storia che affronta temi avvilenti come lutto, depressione, amnesia, abusi, dipendenza emotiva, con un senso dell'umorismo che infonde quasi tenerezza, ma senza toglierne il tono dignitoso. E di ciò di cui parla, ne parla con una profonda conoscenza della materia. Per dare un esempio, ogni personaggio principale rappresenta uno stadio di elaborazione del lutto, quindi l'impatto che può avere sui cari di una persona mancata, ma nessuna comparsa che vediamo è piazzata a caso e ha sempre qualcosa da dire sull'inconscio del protagonista, come il tassello di un mosaico. E la soundtrack? Con la canzone Final Duet, ragazzi, si piange. E non parlo soltanto per esperienza personale, il confronto con altri giocatori mi porta a fare questa sentenza definitiva. 

Anche le recensioni quasi interamente positive confermano il portento a cui mi riferisco, che potete trovare con una ricerca su Steam o semplicemente su Google. L'unica "critica" (che è più un'osservazione) che mi sento di volgere alla produttrice Omocat, riguarda l'aspetto grafico di alcuni spazi: talvolta una schermata ipersatura di colori era talmente piena di oggetti e personaggi con cui interagire da rendere l'esperienza quasi sovraccarica, da non sapere da che parte girarsi, un po' come Sunny. La ricchezza nei contenuti può essere un'arma a doppio taglio, per questo è necessario prendersi tutto il tempo necessario e srotolare il gioco nella sua interezza con molta calma.

E se una volta finito, senza i vincoli degli spoiler, vorrete approfondire e integrare informazioni che magari vi siete persi nell'immediato, su YouTube ci sono diversi video inglesi ma anche italiani che offrono curiosità e riflessioni molto interessanti, come quello di Cydonia qui allegato.

Speriamo di aver attirato la vostra curiosità con questo breve articolo, quindi da parte di Nerd 2.0 non resta che augurarvi buona fortuna!

 

link: 

https://store.steampowered.com/app/1150690/OMORI/

https://youtu.be/LosPlPaeukQ?si=Lm2fz937lSJvkmIX


                                                                                                                            


                                                                                                                                    Martina Forti

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