Paolo di Dono, detto Paolo Uccello, nacque nel 1397 circa, probabilmente a Firenze ed era figlio di Dono di Paolo, un barbiere di Pratovecchio, in Garfagnana, che nel 1387 aveva sposato Antonia di Giovanni di Castello del Beccuto. È bene sapere come Paolo Uccello nutrisse un forte interesse per l’ornitologia. Non a caso, come racconta Vasari, per lui fu coniato l'appellativo di "Uccello". L'artista fu celebrato fin dalle fonti più antiche come virtuoso della prospettiva, che però fu solo uno dei mezzi con i quali creò la sua rappresentazione del mondo, in bilico tra eccezione e regola, disordine e ordine. Pittore della generazione di Masaccio e di Brunelleschi, Paolo Uccello è considerato il predecessore di uno dei massimi maestri italiani, Piero della Francesca.
Inoltre è stato un
grande innovatore, tant'è vero che abbiamo voluto prendere spunto da lui per trattare delle analogie tra la pittura antica e il fumetto: quest'ultimo, infatti, si basa su una successione di immagini, così come spesso capita di riscontrare nei dipinti di Paolo di Dono.
Prendiamo ad esempio il “Miracolo dell’ostia profanata”. In quest'opera, conservata presso la Galleria Nazionale delle Marche, viene
raccontata una storia in successione. Non ci ricorda un
po’ il fumetto? (Qui ciascuno può sbizzarrirsi pensando alla graphic novel che più gli
piace).
Per capire meglio, addentriamoci in una breve analisi. La tavola, dipinta tra il 1467 e il 1468,
costituisce la predella della grande pala d’altare raffigurante la "Comunione
degli Apostoli", eseguita dal fiammingo Giusto di Gand tra il 1473 e il 1474. Le
due opere vennero realizzate per la Chiesa della Confraternita del Corpus Domini
di Urbino ed entrarono nelle collezioni statali nel 1861.
La predella narra un fatto accaduto a Parigi verso il 1290, ma la sua esecuzione si colloca nel clima antisemita che vide nascere in Italia i Monti di Pietà, istituzioni
finanziarie senza scopo di lucro create da alcuni ordini religiosi, allo scopo di sostituirsi ai banchieri ebrei.
Il racconto, ambientato di notte, si compone di sei scene divise - in modo "teatrale" - da colonnine. Nella prima scena una
donna, dopo aver rubato un’ostia consacrata, la vende a un usuraio, il quale - seconda scena - dopo averla messa a cuocere, assiste al suo sanguinamento. Nella terza scena, l'ostia viene riconsacrata, mentre nella quarta e nella quinta si assiste rispettivamente alla punizione della donna e dell'usuraio (con la sua famiglia). Nell'ultimo riquadro, angeli e demoni si disputano l'anima della sacrilega.
Tra i diversi fumetti, talvolta analizzati in classe, molteplici ci sono parse le analogie con quelli di zerocalcare, riassumibili in tre punti: linguaggio a tratti "muto", cioè con poche parole, o addirittura senza, in modo da lasciare al lettore/osservatore libertà d'interpretazione; colori sgargianti (anche l’occhio deve rimanerne estasiato); storie significative, accese e memorabili. Sono, quelle di Paolo Uccello e di zerocalcare, storie non lanciate come una pietra sull'acqua, bensì
pensate e mirate per trasmettere un messaggio.
Un'evoluzione visiva che conferma come dal passato e dalla storia derivino molti strumenti e molti linguaggi da noi oggi
usati, ricoprendo spesso ricoprono un “role model”.
S. F. 2 A CLA
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