Il giorno 27 gennaio, come tutti sappiamo, è stata la Giornata della Memoria.
Nonostante sia quasi passato un mese, è importante ricordare quanto gli orrori avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale siano atroci, violenti e soprattutto privi di umanità e basi scientifiche.
La spregevole teoria che vede una “razza” umana superiore ad un altra non trova nessun tipo di riscontro etico e/o scientifico.
Dal punto di vista biologico, la razza è un gruppo di individui di una stessa specie che hanno caratteristiche ereditarie comuni e distinguibili da quelle di altri individui della stessa specie.
Questa tipologia di differenziazione può essere fatta per altri mammiferi, ma per gli uomini non è realizzabile: tanti scienziati nei secoli hanno cercato di classificare e dividere le varie popolazioni in base a criteri fissi e regole fondate, ma senza arrivare ad una classificazione scientificamente accurata e accettabile.
Tra questi ci fu lo studioso tedesco di Antropologia Johann Friedrich Blumenbach (1752-1840).
Nel 1779, fondandosi sulla ricerca cranica (la descrizione dei teschi umani), suddivise la specie umana in cinque razze principali che chiamò:
- razza caucasica (Europoide)
- razza Mongoloide
- razza Malay (malesi)
- razza Negroide
- razza dei Nativi americani
Nel tempo vennero aggiunte due categorie chiamate Australoide e capoide per raggiungere un totale di sette gruppi in seguito a studi sulla variazione dei prodotti degli anni ‘70.
Un tipo di studio che è possibile fare per mostrare le analogie e le differenze tra gli individui è quello basato sulla trasmissione dei geni del cromosoma Y e del DNA mitocondriale.
Tutti sappiamo che abbiamo un albero genealogico che va dai due genitori ai quattro nonni, otto bisnonni, 16 trisavoli, così via; ciascuno di questi antenati ci ha trasmesso un pezzettino del suo genoma che, ricombinando a ogni processo riproduttivo, si mescola e crea un po’ di confusione. Invece, il DNA mitocondriale e il cromosoma Y vengono ereditati inalterati, salvo presenza di mutazione; noi ereditiamo il cognome di nostro padre, di nostro nonno e quindi il cromosoma Y – di nostro padre, di nostro nonno e così via – inalterato, salvo mutazioni, e lo stesso vale per il DNA mitocondriale che viene trasmesso per linea citoplasmatica, ma al contrario solo per via materna.
Con l'avvento delle nuove tecniche di analisi del DNA sopraggiunte a partire dagli anni '70, si è pensato quindi di analizzare il DNA per determinare in maniera inequivocabile se fosse possibile parlare di razze: ciò che apparve chiaro grazie alle innovazioni scientifiche dei ricercatori è che nonostante tutti i metodi di suddivisione proposti, la differenziazione genetica, che ovviamente si esprimeva anche esteticamente, è maggiore negli individui della stessa razza piuttosto che in razze differenti.
Le differenze geniche tra le varie razze erano soltanto del 7% mentre le variabilità geniche in una stessa razza erano dell’85%. Questo dimostrava che di fatto tutte le razze derivano da un piccolo gruppo di antenati ancestrali che hanno lasciato ai discendenti una grande porzione di genoma «di base» comune, mentre solo il 7% del genoma è responsabile delle differenze somatiche tra le etnie.
Una delle ipotesi più accreditate è che questi antenati siano partiti dall’Africa circa 100.000 anni fa e si siano spostati lungo i continenti, originando una discendenza di uomini con caratteristiche diverse.
In questo modo, l’idea di diversità razziale su base genetica veniva meno.
Qui sotto la mappa che sintetizza gli spostamenti:
Per comprendere al meglio perché negli animali è possibile categorizzare le razze possiamo utilizzare l’esempio degli scimpanzé, la specie animale che geneticamente si avvicina più a noi, i nostri “cugini genetici”. A ovest e a est del fiume Ubangi, in Africa, vivono due diverse popolazioni di scimpanzé (comune e orientale) che a noi sembrano quasi identiche, ma in realtà hanno geni ben distinguibili.
Ma allora perché con gli umani non funziona?
La risposta è molto semplice, la netta differenza tra scimpanzé comune e orientale è dovuta all’isolamento geografico, cosa impossibile da realizzare per gli uomini. Gli scimpanzé nei secoli non sono mai stati in grado di attraversare il grande fiume e ciò ha impedito gli accoppiamenti tra i due gruppi.
Un ulteriore esempio è quello delle lumache dei Pirenei. Tra le relativamente vicine valli esistono diverse razze di lumache. Questo è causato dalla loro scarsa possibilità di compiere lunghi tragitti in poco tempo.
Tutti noi deriviamo da un gruppo di Homo sapiens che è migrato dall’Africa e ha gradualmente colonizzato tutto il mondo. In seguito il movimento e lo scambio continuo tra le diverse popolazioni umane hanno fatto sì che i loro geni continuassero a mescolarsi, impedendo la formazione di gruppi genetici distinti: ecco perché gli esseri umani non sono classificabili in razze.
A. R. N. IV B Liceo Scientifico
C. C. IV B Liceo Scientifico
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