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Recitare? Questione di... metodo

 

“I fugaci momenti di vita sulla scena, 
cioè quei momenti irripetibili in cui l’attore deve infondere passione vera nella circostanza data, non sono affatto momenti di casuale balenio di ispirazione, ma frutto di un lungo lavoro su se stessi e dello studio della natura delle passioni”

K. S. Stanislavskij

Uno dei metodi recitativi più conosciuti è il Metodo Stanislavskij, ma spesso la sua notorietà si limita al suo nome: è infatti raro che qualcuno che non sia appassionato di recitazione, o studioso di questa disciplina, sappia cosa questo metodo implichi.
Il Metodo Stanislavskij prevede che venga instaurato un rapporto tra il personaggio e l’attore che lo va ad interpretare: quest’ultimo, infatti, non può limitarsi a replicare ciò che il personaggio vive, ma deve immedesimarsi in esso, rielaborando la storia di chi andrà ad interpretare cercando analogie con la propria; il noto regista russo chiamò questa pratica "memoria emotiva".
L’attore deve anche approfondire il personaggio, creandogli una vita, e attribuendogli caratteristiche ulteriori a quelle riportate in scena.
Questo vasto coinvolgimento da parte dell’attore può inoltre risolvere un’altra problematica che Stanislavskij individuò, ovvero che, se lo spettacolo comprende varie repliche, a lungo andare la recitazione può diventare inespressiva e meccanica.
La carriera di Konstantin Sergeevič Alekseev Stanislavskij iniziò nel giugno 1897, quando cominciò a lavorare con lo scrittore e regista Vladimir Nemirovič-Dančenko. Contrariamente a ciò che prevede oggi il Metodo, inizialmente la regia di Stanislavskij tendeva ad imporsi sugli attori e a sminuirli, punendo cattivi comportamenti, ritardi, e una mancata conoscenza del testo; riteneva inoltre che tutti gli attori avessero la stessa importanza: infatti chi in uno spettacolo aveva avuto una parte da protagonista, nel successivo avrebbe potuto essere una semplice comparsa.
Stanislavskij cambiò idea nei primi anni del '900, quando si rese conto che il compito del regista doveva essere quello di guida, aiuto, e supporto lungo la strada per raggiungere la miglior prestazione possibile.
Questa nuova consapevolezza portò alla nascita del Metodo nei primi anni del '900, e già nel 1911 Stanislavskij era in grado di usare sugli attori le tecniche da lui codificate, per poi pubblicare i risultati dei suoi studi ne “Il lavoro dell'attore su se stesso” (1938) e “Il lavoro dell'attore sul personaggio" (postumo, 1957).
A partire dagli anni '30 Stanislavskij si accorse che il metodo da lui elaborato era difficile da seguire, e che non sempre dava i risultati sperati, perciò elaborò il "Metodo delle azioni fisiche", secondo il quale le emozioni dovevano essere abbinate a delle azioni fisiche preordinate.
La scena doveva diventare una sequenza di azioni, e solo a quel punto era possibile abbinare il testo alle azioni fisiche.
Moltissimi sono le attrici e gli attori che tutt'oggi utilizzano questo metodo, come Dustin Hoffman, Jack Nicholson, Meryl Streep, Jim Carrey, Nicole Kidman, Johnny Depp, Angelina Jolie, Hilary Swank, e tante altre star di primo livello.

A. Z. 5 B Scu

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