La maggior parte delle bambine della nostra generazione ha vissuto con una serie di principesse che le si presentavano, sotto forma di film o di racconto, prima di andare a dormire. Quelle che ci ricordiamo sotto forma di film sono l’élite che è arrivata al trattamento Disney.
Le prime principesse animate non sono dei personaggi, ma piuttosto una funzione: la funzione premio, che riceverà il valoroso giovane che sposerà la fanciulla in questione.
Queste principesse non hanno voce in capitolo in niente, anzi, sono gli altri personaggi che le spostano e le posizionano dove gli pare e piace (Aurora ne “La Bella Addormentata Nel Bosco” nasce, si punge con il fuso ed è ko in un letto: tutto ciò la vede sullo schermo per soli 18 minuti su 1:15 totali di film). Sono tutte bellissime, magrissime e bianchissime, e questa costante è indispensabile (o quasi) per essere una principessa (la madre di Biancaneve voleva esplicitamente una figlia con “la pelle candida, i capelli corvini e le labbra rosse”). Infine le principesse sono pure e innocenti. Non importa quanto la loro condizione sia pietosa o disperata (Cenerentola cucina, lava, pulisce, ma mai una parola di troppo e nemmeno un po’ di veleno nel cibo che serve alla cattiva matrigna e alle brutte sorellastre che la schiavizzano). Il sottotesto è che ribellarti ai tuoi oppressori ti fa diventare peggiore di loro, quindi “tieni duro, tesoro, e continua a lavare i pavimenti che prima o poi arriverà un principe azzurro che ti salverà”; e nel caso di Cenerentola le va talmente bene che il principe la conduce a fare una grandiosa scalata sociale.
Ma poi ci sono le guerre, le carestie e le ondate del femminismo e le principesse non possono più essere tutte addormentate o ricoperte di tulle. Così arrivano le principesse guerriere con la tanto agognata emancipazione. Questo tipo di principesse ha dato un'alternativa alle bambine che non sognavano fin da piccole un matrimonio in pompa magna. Ma questa alternativa è scadente, perché rappresenta in un corpo femminile tutte le caratteristiche dello stereotipo maschile, come la forza o il coraggio. In questi film non c’è spazio per le sfumature: o sei una svampita principessa che dà via la propria voce per il “vero amore” (Ariel), oppure sei quella che si traveste da uomo e si arruola nell’esercito (Mulan). Questi unici due modelli di donna, nell’infanzia delle bambine, riducono la donna a due stereotipi ben definiti.
Personalmente credo che le principesse più affascinanti siano Merida (di “Ribelle the Brave"), Elsa (di “Frozen”) e Fiona (di "Shrek"). Ognuna di loro, secondo me, ha delle sfumature che le loro colleghe non hanno. Merida porta alla luce il rapporto madre figlia e difende la sua libertà con successo, mettendo in ridicolo le proposte di matrimonio e le pressioni della società. Elsa è diversa da tutti e perciò scappa dai suoi doveri, senza diventare un personaggio negativo; e quando torna non si adatta alla società perché conserva le sue differenze con orgoglio. Infine, Fiona è una principessa autentica, perché è sia principessa che guerriera e molto altro. E questo non esclude l’amore di Shrek che non è il principe che ci aspetteremmo in una fiaba.
Questi unici due modelli sono dannosi perché fin da piccole le bambine devono sapere che si può essere sia principesse che guerriere, o nessuna delle due, oppure un po' dell'una è un po’ dell’altra. Perché non si deve vivere in uno stereotipo imposto dalla società.
D. C. IV A ginn.
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