Il 25 aprile 1945, i soldati tedeschi e i fascisti loro alleati iniziarono a ritirarsi dalle città più importanti del Nord Italia, in seguito allo sfondamento della Linea Gotica da parte degli Alleati e allo sforzo della Resistenza. Da quel momento fino a oggi, questa data è mantenuta come simbolica, anche se la guerra non si interruppe quel giorno. 78 anni dopo, tra parate partitiche, comizi mascherati da conferenze, e l'eterna polemica sul presunto comunismo di bella ciao, molti sembrano aver dimenticato il vero significato del 25 aprile.
Il 25 aprile non è la festa della sinistra, o della destra, o di qualsiasi ideologia. Il 25 aprile non è e non deve essere uno strumento nelle mani della politica. Quando i partigiani scesero dalle montagne e fino ai paesi, in quel momento nessuno si preoccupava di chi tra loro fosse monarchico o socialista o cattolico. Infatti, anche se le brigate erano nate con una forte connotazione politica, con la “svolta di Salerno” del 13 marzo 1944 il segretario del PCI Palmiro Togliatti dichiarò d’essere favorevole ad un governo di unità nazionale con tutte le forze dichiaratesi avverse al fascismo, compresi i monarchici. In quel momento, la Resistenza aveva assunto quale obiettivo primario quello della Liberazione dall’occupazione militare tedesca.
Ridurre la Resistenza a un fenomeno intrinsecamente di sinistra non è solo riduttivo, ma pericoloso.
La semplificazione sta nell'ignorare il merito forse maggiore della lotta partigiana post '43, ossia unire formazioni che partivano da posizioni persino opposte in nome di un ideale, che da quel momento non diventa più parola astratta e utopica, ma obiettivo concreto e alla fine conquista.
Ridurre il 25 aprile ad una questione di partito implica che questo male maggiore contro cui monarchici e comunisti, cattolici e laici si sono uniti non esista più, e questo è, molto semplicemente, un errore di analisi storica. Dal 1946, quando il Movimento Sociale Italiano si dichiara erede della Repubblica di Salò, c'è stata la manipolazione di eventi cruciali della storia della Resistenza come la strage delle Fosse Ardeatine, omettendo (per quale scelta politica?) quello che tutte le vittime erano: non (solo) italiani, ma antifascisti, molti ebrei. Alludere all'antifascismo storico come prerogativa dei comunisti significa negare l'importanza storica del fenomeno della Resistenza come unione politica. In un'escalation di dichiarazioni tra l'ignorante e l'inquietante, si cerca di dimenticare la realtà del 25 aprile per piegarlo a interessi di parte, quando l'unica parte che dovrebbe contare è quella che distingue fascismo e antifascismo. La Costituzione Italiana stessa è nata raccogliendo le idee che tutti i padri costituenti, diversissimi per esperienze di vita, provenienza geografica, sociale e politica, sentivano come essenziali. Mettersi a sindacare sugli atti di crudeltà che sicuramente i partigiani hanno compiuto, significa spostare l'attenzione dal culmine della crudeltà nazifascista, significa ignorare l'opinione popolare che li festeggiava come salvatori. Significa, prima di tutto, tentare di ridurre il 25 aprile ad uno storicismo a cui fare i cavilli, e non a una questione politica ancora urgente.
E.I, IIB Liceo Classico
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